Bruxelles – Dalla salute all’energia, dalla sicurezza all’architettura democratica. L’Unione Europea ha bisogno “di una riforma” e per renderla effettiva l’Eurocamera ha chiesto ufficialmente l’apertura di una convenzione per una revisione dei trattati su cui l’UE si incardina. Lo ha fatto ieri (4 maggio) approvando in sessione plenaria a Strasburgo per alzata di mano una risoluzione con cui dar seguito alle proposte della Conferenza sul futuro dell’Europa, adottate in via definitiva lo scorso fine settimana.
Nell’atto di indirizzo i deputati chiedono alla commissione parlamentare per gli affari costituzionali (AFCO) di preparare delle proposte di riforma dei trattati dell’UE, attraverso la convocazione di una convenzione, attivando nei fatti la procedura di revisione dei trattati applicando l‘articolo 48 del trattato sull’Unione europea. Nel fine settimana nella capitale alsaziana – quando si sono ufficialmente chiusi i lavori della plenaria della Conferenza sul futuro dell’UE – l’eurodeputato belga Guy Verhofstadt, uno dei tre co-presidenti della Conferenza – aveva anticipato l’intenzione del voto dell’Eurocamera, che ha raccolto ampio consenso nell’Emiciclo da parte dei principali gruppi politici di maggioranza.
Un voto significativo e programmato per questa settimana dal momento che il 9 maggio si terrà a Strasburgo l’evento conclusivo della Conferenza sul futuro dell’Europa, in cui si consegneranno le proposte per cambiare l’Europa nelle mani dei vertici comunitari: Ursula von der Leyen, per conto della Commissione UE, Roberta Metsola a nome dell’Europarlamento, e Emmanuel Macron a nome del Consiglio (dal momento che la Francia è presidente di turno all’UE fino al 30 giugno).
“Non possiamo permetterci che questa Conferenza finisca con la pubblicazione di un documento, come Parlamento UE dobbiamo avere un ruolo attivo, capire dove possiamo intervenire per dare un seguito”, ha avvertito il politico belga in un dibattito martedì che ha preceduto il voto. Dall’Unione della santità a quella dell’energia per gli acquisti congiunti “serve cambiare i trattati”, ha esclamato senza mezzi termini. Ha poi ricordato che il processo è quello che l’Eurocamera ha cercato di avviare già con la richiesta di liste transnazionali per la più generale riforma del sistema con cui si elegge il Parlamento UE.
L’Emiciclo assicura nel testo di indirizzo di riconoscere che le “proposte ambiziose e costruttive” emerse dalla Conferenza richiedono modifiche ai trattati, ad esempio per quanto riguarda la “semplificazione dell’architettura istituzionale dell’UE” e “una maggiore trasparenza e rendicontabilità del processo decisionale” e “una nuova riflessione sulle competenze dell’UE”. In altri termini, significa revisione del processo decisionale per abolire il voto all’unanimità, ripensare le competenze dell’UE in materia di sanità, energia e sicurezza/difesa, di cui è quasi sprovvista.
L’Europarlamento fa proprie le istanze espresse nelle proposte finali della Conferenza, cogliendo al balzo l’occasione per avviare una convenzione (sua intenzione fin dall’inizio di questo processo), che può essere aperta da ogni governo di qualsiasi Stato membro, il Parlamento europeo o la Commissione sottoponendo al Consiglio “progetti intesi a modificare i trattati”. La risoluzione impegna quindi la commissione AFCO a fare questo: individuare i come e i dove di questa riforma dei trattati, per poter giustificare di fronte al Consiglio la convocazione di una convenzione. Al Consiglio basta una maggioranza semplice (14 Stati membri, la metà più uno) per aprire una convenzione europea in cui discutere di riforma dei trattati e in effetti non è così irrealizzabile come idea.
La riforma dei trattati, o quantomeno l’apertura della convenzione, è sostenuta da Paesi che in seno al Consiglio UE hanno un peso politico importante, la Germania in primis ma anche la Francia, la Spagna e il Portogallo. Il peso politico di questi Stati potrebbe verosimilmente portare a un consenso generale all’interno del Consiglio per l’apertura della convenzione. A sostenere la proposta anche l’Italia, come è emerso chiaramente nell’intervento di Mario Draghi di fronte all’Emiciclo di Strasburgo martedì scorso, in cui il premier italiano ha evocato la necessità di maggiore integrazione europea esortando gli altri leader ad “abbracciare” il cambiamento che una riforma dei trattati potrebbe portare.