Bruxelles – Stato di diritto, l’Ungheria tira dritto. I richiami dell’UE sui valori fondamentali e l’avvio delle procedure sanzionatorie irritano il governo, che promette battaglia. Ancora. “Dovremmo discutere di ciò che ci unisce, non di ciò che ci disunisce”, prova a tagliare corto Judit Varga. Ci prova, ma non ci riesce. La ministra della Giustizia ungherese, incalzata dai giornalisti all’arrivo a Lussemburgo per la riunione del consiglio Affari generali che discute anche di Stato di diritto e Ungheria, è un fiume in piena.
“Il governo democraticamente eletto è stato rieletto, democraticamente, con un mandato forte. I nostri elettori sono cittadini ungheresi, che non condividono le preoccupazioni di Bruxelles ma che vedono i problemi che arrivano dall’UE”. Budapest in sostanza non gradisce, e traccia un solco tra la sua natura sovrana-sovranista e l’appartenenza all’Unione europea. Quest’ultima viene dopo, e non deve avanzare pretese, il senso delle parole della ministra. Che rincara la dose. “Rifiutiamo ogni doppio standard e stigmatizzazione”. E poi, chiede in tono di sfida, “se ancora non abbiamo ricevuto soldi dal bilancio pluriennale e Fondo di ripresa, come avremmo fatto a spenderli male?”
Se gli ungherese non cedono, neppure la Commissione arretra. “Anche con una maggioranza non vuol dire che non ci siano discriminazioni”, tuona Didier Reynders, commissario per la Giustizia, deciso ad andare avanti. “Promuoviamo un ordine internazionale basato sulle delle regole”, dice riferendosi alla questione ucraina, e “questo lavoro internazionale rafforza l’attenzione al rispetto dello stato di diritto in seno all’unione”.
Il confronto non inizia bene, ed è oltretutto viziato da tempistiche che a Budapest considerano casuali. L’annuncio di avvio di interventi contro le politiche della maggioranza di governo è arrivato dopo le elezioni che hanno confermato Viktor Orban alla guida del Paese. Fidezs, il partito del primo ministro, considera l’azione di Bruxelles come una risposta a risultati elettorali non gradite. In questo clima di sfiducia si consuma un nuovo strappo che l’Ungheria non intende ricucire. In altre parole lo Stato orientale non cede, e rinsalda l’amicizia con i polacchi, anch’essi al centro di censure con l’Europa per politiche considerate lesive di valori e principi fondamentali. “Siamo sempre stati amici della Polonia, e continueremo ad esserlo in futuro”, assicura Varda. Una promessa e una minaccia.