La distanza tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen probabilmente è maggiore del poco più che quattro per cento uscito dalle urne questa domenica. C’è una grande differenza tra i due. La candidata dell’estrema destra ha dato fondo a tutte le sue risorse durante la campagna elettorale per questa prima tappa: ha bruciato le foto con Vladimir Putin che stava per distribuire agli elettori, ha postato più gatti di una dodicenne al suo primo amore, ha tentato di ripulire la sua immagine (ma non il suo partito o il suo programma), ha anche avuto la fortuna di trovare un assurdo candidato ancora più a destra di lei, che si è fermato al sette per cento, ma che le ha dato una spinta per levarsi di dosso un po’ di neofascismo.
Macron invece non ha fatto niente, o quasi. Un solo grande evento, qualche video, qualche intervista, ma la sua campagna elettorale deve ancora iniziare, ed è iniziata oggi, proprio nel Nord estremo della Francia, in quel piovoso Pas de Calais, regno di Le Pen, dove lei non ha più niente da dire di nuovo a questo punto, e dove lui incontrerà invece i cittadini ai quali potrà spiegare perché stare nell’Unione europea è un bene, perché fermare l’aggressione di Putin avrà un costo ora, ma è indispensabile per tutelare la nostra libertà (e ricchezza) in futuro, perché accanto al nucleare (fonte della quale i due condividono l’indispensabilità) è necessario sviluppare anche le rinnovabili (cosa che Le Pen non apprezza). Il presidente in carica potrà anche spiegare agli elettori che non sui può mettere (in ogni materia) il diritto francese prima di quello dell’Unione, perché questo vorrebbe dire uscire dall’Unione.
Insomma, fino ad oggi è vero che Macron essendo presidente ha avuto grande visibilità, ovviamente (cosa che in Francia, come altrove, con una guerra in corso non è detto che giochi sempre a favore, guardiamo ad esempio a Winston Churchill, che la guerra l’aveva anche vinta) ma è anche vero che ha giocato la campagna elettorale con un braccio legato dietro la schiena.
Avventurarsi ora a fare previsioni è difficile, i sondaggi hanno dimostrato ancora una volta di essere scarsamente attendibili, se non nelle tendenze generali, e dunque a meno di un distacco almeno pari alla trentina di punti del 2017 che questa volta sembra difficile, fare affermazioni sull’esito è molto rischioso. Anche perché gli elettori di Jean-Luc Melenchon sono piuttosto imprevedibili, anche se tutti gli altri candidati non di destra estrema hanno invitato a votare Macron.
Vista da Bruxelles non possiamo che incrociare le dita e, senza entusiasmi particolari, sperare che il presidente resti al suo posto.