Bruxelles – Niente da fare. L’UE manca l’obiettivo di procedere con l’introduzione di una tassazione minima delle imprese. Nonostante le intenzioni, gli Stati si dividono e non trovano un accordo. Frenano sopratutto Polonia e Ungheria, che non consentono al consiglio Ecofin di trovare l’unanimità per procedere su un file che la presidenza francese di turno auspica di riuscire a chiudere comunque entro la fine del semestre.
La proposta di direttiva per l’imposizione di un’aliquota minima del 15 per cento sui ricavi delle grandi imprese si arena su due elementi: la data di entrata in vigore, e il legame con la tassazione dei giganti del web. I Paesi dell’est vorrebbero il nuovo regime fiscale comune il più tardi possibile, a partire dal 31 dicembre 2023, mentre gli altri vorrebbero introdurlo prima.
Se un compromesso su questo punto appare comunque possibile, diversa è la situazione che lega i passi avanti sulla tassazione generale e gli interventi sulle grandi compagnie attive nel settore dell’e-commerce. Per una tassa digitale l’UE ha bisogno di un accordo internazionale, facendo seguito all’intesa raggiunta in sede OCSE, e il processo è diverso. Il fronte dell’opposizione, che in Polonia e Ungheria i capifila, vorrebbe che i due diversi filoni del dossier procedessero di pari passo.
“Non credo che nessuno di questi ostacoli sia insormontabile”, osserva il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, al termine dei lavori del consiglio Ecofin, di cui la Francia ha la presidenza di turno fino a fine giugno. Assicura che continuerà a lavorare perché l’unanimità richiesta sia trovata nelle prossime settimane, e trovare una quadra possibilmente già in occasione della prossima riunione di aprile. Intanto, però, l’UE registra una battuta di arresto.