Strasburgo (dall’inviata) – Come già era successo al panel dei cittadini che si è svolto a Dublino, si torna a parlare di guerra della Russia in Ucraina anche nel corso della quarta plenaria della Conferenza sul futuro dell’Europa che si è aperta ieri (11 marzo) a Strasburgo e che andrà avanti oggi nella capitale alsaziana. Nella sessione di ieri pomeriggio, i cittadini e rappresentanti delle istituzioni europee e nazionali si sono confrontati sulle raccomandazioni che riguardano la dimensione esterna dell’UE e hanno accolto nell’Emiciclo di Strasburgo una delegazione ucraina di almeno una trentina di persone, tra cui parlamentari della Verkhovna Rada (il Parlamento), dell’associazione PromoUkraina e rifugiati in fuga dalla guerra.
Un lungo applauso è quello che ha accompagnato il loro ingresso in Aula. Spille e simboli gialli e blu si intravedono appesi sui vestiti di tutti i parlamentari, i commissari e degli altri rappresentanti presenti alla sessione, in segno di solidarietà. Come gialle e blu – i colori di Kiev – sono le bandiere che affiancano il drappo europeo sistemato dietro al leggìo da cui prendono parola tutti gli oratori.
“Oggi (ieri, ndr) sono qui fisicamente, ma il mio cuore è rimasto in Ucraina e ancora mi chiedo come sia potuto accadere”. Si chiama Bozhena Boriak la prima cittadina ucraina a prendere la parola in Aula. E’ fuggita al confine con la Polonia insieme alla figlia piccola, Adele, di cui mostra a tutti una foto con in mano un fiore. “E’ stato difficile spiegarle cosa stesse accadendo”. Adele ha chiesto un fiore in un bar di Varsavia e la madre le ha spiegato che in sostanza siamo tutti “petali attaccati a un fiore”, l’Ucraina è attaccata al fiore “che è la nostra famiglia europea”.
La metafora del fiore spiega che la guerra di Putin va a colpire “tutta la famiglia europea, non solo Kiev”, denuncia Bozhena. Segue l’appello a “sostenerci” e soprattutto a chiudere i cieli sopra l’Ucraina, ovvero imporre un divieto di sorvolo dello spazio aereo sopra l’Ucraina in modo da impedire il passaggio degli aerei russi che bombardano il territorio, quella che viene chiamata “No fly zone”. Da giorni ormai è lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che di recente è intervenuto da remoto all’Europarlamento, insieme ad altri leader locali a chiedere agli occidentali la “No fly zone”, una ipotesi che per ora sia gli Stati Uniti che la NATO hanno scartato perché di fatto significherebbe trascinare l’occidente in guerra.
Rischio nucleare
Bozhena non è stata l’unica a chiederlo, ma l’intera delegazione ucraina presente a Strasburgo lo domanda per porre fine ai bombardamenti che non stanno colpendo solo obiettivi militari, ma anche civili. Isolare la Russia economicamente – come sta cercando di fare l’UE con quattro pacchetti di sanzioni – non basta. L’appello è ripetuto poco dopo anche da Anna Shchekatunova, cittadina russofona di Lugansk, città dell’Ucraina sud-orientale attaccata dalle truppe di Putin già nel 2014, durante l’annessione della penisola di Crimea. Anche una volta fatta capitolare Kiev, “Putin non si fermerà, siate pronti a proteggere il mondo civilizzato europeo”, è l’avvertimento che manda.
Preoccupa soprattutto la sicurezza nucleare degli impianti presenti sul territorio. “L’Ucraina non sta più controllando gli impianti nucleari presenti sul territorio e questo è un rischio per la sicurezza nucleare di tutti”, avverte Shcekatunova. In settimana le forze armate russe hanno preso il controllo della centrale nucleare di Zaporizhzhya, il più grande impianto attivo in Europa e sono stati segnalati problemi di comunicazione e al sistema elettrico dell’impianto (inattivo ma luogo di raccolta di combustibile esausto e rifiuti radioattivi) di Chernobyl, dove nel 1986 si verificò il più pericoloso incidente che ha coinvolto una centrale nucleare. Putin ha minacciato, tra le righe, di poter ricorrere all’arma atomica di fronte a interferenze dell’Occidente alla sua “operazione speciale” in Ucraina (come la chiama il capo del Cremlino). Che sia solo una minaccia è possibile, ma non è rassicurante il fatto che sia in corso una guerra su un territorio su cui sono attive quattro centrali nucleari, che potrebbero rimanere coinvolte nei bombardamenti. Da qui l’invito a dichiarare una ‘no fly zone’ per non “avere la responsabilità di una minaccia nucleare, anche senza l’impiego della bomba”, ha detto Shcekatunova.
Direttamente da Kiev si è collegato da remoto Dmytro Sherembei, che è rimasto lì a combattere nella resistenza. “L’Europa è ad un crocevia, deve scegliere se salvare le vite” o preoccuparsi di più dei “servizi economici”. A Kiev, sottolinea, il “cielo corrisponde alla morte, vengono bombardate scuole, ospedali, asili”, accusa. Ma il cielo sopra Kiev è lo stesso cielo d’Europa: “Chiediamo una ‘No Fly Zone’ per non distruggere vite, per salvare i nostri bambini e che non debbano più nascondersi dalle bombe”, è l’appello accorato. “Lo chiedo a voi perché potete farlo”. E’ indispensabile “se non vogliamo che le nostre città spariscano dalla cartina geografica”, ha aggiunto la deputata del parlamento ucraino, Maria Mezentseva.
Ucraina e le raccomandazioni sul futuro dell’Europa
Viene spontaneo chiedersi perché far prendere parte una delegazione ucraina alla Conferenza sul futuro dell’Europa. La risposta è che in questo esercizio, l’UE pensa a come dovrebbe essere l’Europa di domani e la sua risposta alla crisi in Ucraina è sicuramente una delle realtà con cui l’UE deve imparare a confrontarsi. La quarta plenaria significa il giro di boa, la seconda fase della Conferenza sul futuro dell’Europa, ovvero quella che porterà alla conversione delle raccomandazioni in proposte concrete.
Le 40 raccomandazioni formulate dai cittadini del panel “UE nel mondo/migrazione”, ovvero dedicate alla politica estera dell’Unione Europea, sono state formulate a Maastricht (Paesi Bassi) pochi giorni prima che Mosca iniziasse l’invasione dell’Ucraina. Parte di queste saranno modificate alla luce della crisi in corso su territorio di Kiev? A questa domanda i funzionari europei che gravitano intorno al processo, rispondono che la plenaria è l’occasione giusta per fare questo tipo di riflessione, prendere le raccomandazioni e discutere con tutte le varie componenti politiche della plenaria (come si compone è spiegato nel grafico) ma anche arrivare a delle considerazioni su quanto accade fuori dall’UE. “Ciò che abbiamo di fronte è un evento drammatico e avrà un impatto inevitabilmente su come le raccomandazioni saranno trasformate in proposte sul futuro dell’UE”, spiega un funzionario.
A questo lavoro saranno dedicate le prossime settimane di sessioni plenarie e di gruppi di lavoro più ristretti e tematici: ad arrivare al 9 maggio, simbolicamente la giornata della Festa dell’Europa, in cui saranno presentate le conclusioni finali in un evento che vedrà protagoniste le istituzioni europee. “Conclusioni finali” significa che delle 178 raccomandazioni finora formulate, ne saranno portate alla fase finale circa un terzo o un quarto, stimano gli organizzatori. Diverse raccomandazioni finiranno comunque nei vari dossier legislativi che l’UE ha in cantiere, pensiamo alla richiesta avanzata di un salario minimo europeo su cui già sono avviate le discussioni inter-istituzionali (il trilogo). Ma anche molte delle raccomandazioni sul fronte del digitale e delle nuove tecnologie, come l’alfabetizzazione digitale.
Fonti spiegano che che dalla prossima plenaria del 24-25 marzo a Strasburgo le tre istituzioni europee – Parlamento, Consiglio e Commissione – dovranno iniziare a dar seguito a queste proposte dei cittadini. “Bisogna aver pazienza e vedere dove ci porta questo processo”, è l’appello. Le istituzioni assicurano che i cittadini rimarranno parte centrale anche nel processo di “selezione” di quali raccomandazioni portare avanti fino alla fine. Per ora l’idea è quella di legiferare sulle raccomandazioni finali secondo le modalità standard, il Parlamento userà le risoluzioni e la Commissione potrà decidere se usare un regolamento o una direttiva.