Esplicitamente, di nomi non ne fa nessuno. Né sulle possibili candidature italiane, né su chi vorrebbe vedere nei posti chiave delle istituzioni europee. Eppure c’è un messaggio chiaro che emerge dalle parole del premier, Metteo Renzi a margine del G7, sulla partita delle nomine: “Nessun candidato ha trovato una maggioranza”, tiene a sottolineare il presidente del Consiglio, parlando “come segretario del partito che ha preso più voti in Europa”. Per questo “nessuno può fare diktat“, “né una forza politica eletta al Parlamento europeo, né un Paese”. Tradotto: il risultato elettorale del popolare Jean Claude Juncker non consente né al Ppe, né alla Germania di imporlo automaticamente come prossimo presidente della Commissione.
“Le regole lasciano al Consiglio il compito di fare una proposta”, ricorda Renzi. Importante rispettare l’indicazione data dai cittadini attraverso il voto, ma questo “non è il tempo dei diktat e non è il luogo dei veti”. Occorre invece “trovare un punto di intesa complessivo” per “dare una risposta ai cittadini e non alle ambizioni dei singoli candidati”.
Bisogna, ribadisce insomma Renzi, partire non dai nomi ma dalle idee. E quella del governo italiano è che “una politica basata sull’austerity e non sulla crescita e sullo sviluppo ha mostrato i suoi limiti”. Per questo oggi “è matura la consapevolezza che dobbiamo aprire una pagina nuova”. Altra indicazione che sembra contrastare con una possibile presidenza del difensore delle misure di austerità Juncker, presidente dell’Eurogruppo proprio negli anni della crisi.
Per quanto riguarda l’Italia, l’intenzione, assicura Renzi, non è spingere in particolare su nessuna candidatura nazionale: “Non ci attacchiamo alle scelte di natura geografica – assicura – noi siamo europeisti convinti e per noi l’importante è che le istituzioni funzionino”. Certo, “l’Italia vuole essere protagonista, ma il protagonismo non lo assicura la carta d’identità, ma le idee”.