Bruxelles – Rivoluzione digitale, innovazione, tecnologia. Sono le nuove parole d’ordine, eppure l’industria italiana sembra non averlo capito. Solo il 13 per cento delle imprese con almeno dieci dipendenti usa professionisti delle tecnologie di comunicazione e informazione. Esperti di informatica e telecomunicazioni, sviluppatori di software e servizi connessi, non sono figure utilizzate nell’Europa che vira verso la digitalizzazione. L’Italia è il Paese con il minor indice di impiego di professionisti del settore ICT, dove non si assumono nonostante gli obiettivi che l’UE si è posta lo richiederebbero.
E’ vero che a livello europeo questa figura, alla fine del 2020, risultava ancora poco diffusa. I dati Eurostat realizzati in occasione degli EU Industry Days, mostrano come nella migliore delle ipotesi tre imprese su dieci (30 per cento) stiano puntando su una figura professionale destinata a giocare un ruolo sempre più rilevante. In media, è a malapena una impresa su cinque (19%) a puntare su professionisti della nuove tecnologie nell’UE, rapporto praticamente dimezzato in Italia (una impresa su dieci).
La carenza di specialisti informatici riguarda soprattutto i piccoli. Nel 2020, tre quarti delle grandi imprese (76 per cento) aveva tra i propri dipendenti questa figura professionale, presente in modo minore nelle imprese di medie dimensioni (42 per cento di esse con un esperto), e quasi nullo in quelle di dimensioni piccole (14 per cento). Sono soprattutto i piccoli attori presenti sul mercato a non assumere.