Roma – La persona, la dignità, la salvaguardia delle istituzioni democratiche, un’Europa (citata sei volte) nuova e più giusta. I cardini del discorso di giuramento di Sergio Mattarella sono anche nelle ragioni per cui ha sentito il dovere di rispondere alla chiamata di un secondo mandato.
La cerimonia è quella di sempre, consolidata dal rito istituzionale che dà forma alla sostanza. Il picchetto d’onore in piazza Montecitorio, la formula di fedeltà alla Costituzionale davanti ai grandi elettori e dopo il discorso il passaggio all’Altare della patria. Infine, scortato dai corazzieri il breve viaggio sulla Lancia Flaminia presidenziale per il ritorno al Quirinale. Accanto a lui il presidente del Consiglio Mario Draghi per la fotografia, si spera, della stabilità.
Un intervento interrotto per ben 53 volte dagli applausi scroscianti delle Camere riunite, lunghissimi minuti di standing ovation, dopo aver rilanciato la centralità del Parlamento. “Cruciale come luogo della partecipazione”, una istituzione moderna in cui “vanno tenute unite due esigenze irrinunciabili: rispetto dei percorsi di garanzia democratica e, insieme, tempestività delle decisioni”. Numerosi i richiami alla responsabilità, un Paese “capace di riannodare il patto costituzionale” tra cittadini e istituzioni.
“Rafforzare l’Italia – sostiene il Presidente – significa metterla in grado di orientare il processo per rilanciare l’Europa, affinché questa divenga più efficiente e giusta; rendendo stabile e strutturale la svolta che è stata compiuta nei giorni più impegnativi della pandemia”, cioè la creazione, per la prima volta, di un debito comune dei Paesi membri, per far fronte all’emergenza. Una rivoluzione (nata sulla spinta proprio di Mario Draghi) che il Presidente ora vorrebbe vedere diventare permanente. Un richiamo forte e impegnativo: “L’ apporto dell’Italia non può mancare: servono idee, proposte, coerenza negli impegni assunti”.
Alla partecipazione comunitaria dedica anche un passaggio alla Conferenza sul futuro dell’Europa, “che non può risolversi in un grigio passaggio privo di visione storica ma l’occasione per definire, con coraggio, una Unione protagonista nella comunità internazionale”.
Nell’orizzonte dei prossimi sette anni c’è “il senso dello stare insieme” anche in chiave interna, la ricostruzione del Paese nel dopo pandemia. “La pari dignità sociale è un caposaldo di uno sviluppo giusto ed effettivo e le disuguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita”.
“Dignità”, una parola ripetuta ben 18 volte nel ricordare le tragedie e i drammi da cui nessuno deve distrarsi: “le morti sul lavoro come quella del giovane Lorenzo Parelli, entrato in fabbrica per un progetto scuola-lavoro, che “feriscono la società e la coscienza di tutti”.
Dignità è “opporsi alle aggressioni di stampo razzista e antisemita”, alla violenza sulle donne o che “ci impone di combattere, senza tregua, la tratta e la schiavitù degli esseri umani”, di “contrastare le povertà, la precarietà disperata e senza orizzonte che purtroppo mortifica le speranze di tante persone”. Passaggi in cui non tralascia nulla: la scuola e l’abbandono scolastico, le carceri sovraffollate, la “libertà dalle mafie, dal ricatto della criminalità, dalla complicità di chi fa finta di non vedere”.
Chi si aspettava rimbrotti contro la classe politica come accadde con la rielezione di Napolitano, è rimasto deluso. Piuttosto, ha esortato i partiti a ricucire il rapporto con i cittadini e “non farli sentire soli davanti alla politica”. Le riforme citate sono quelle chieste per onorare gli impegni in Europa e meritare i finanziamenti. A proposito di quelle istituzionali, precisa che “non spetta a me richiamare i percorsi riformatori”, ma individua come indispensabile “il dialogo collaborativo tra Governo e Parlamento” che, soprattutto per gli atti fondamentali di governo del Paese, “sia sempre posto in condizione di poterli esaminare e valutare con tempi adeguati”. Un richiamo preciso alla “forzata compressione dei tempi parlamentari che rappresenta un rischio”, in riferimento anche alle ultimissime tappe legislative come la legge di bilancio approvata a fine anno.
Da presidente del Consiglio superiore della Magistratura dedica parole chiarissime anche sulla riforma della giustizia, “per troppo tempo divenuta un terreno di scontro che ha sovente fatto perdere di vista gli interessi della collettività”. Una richiesta che viene a buon titolo dai cittadini: “L’ordinamento giudiziario e il sistema di governo autonomo della Magistratura devono corrispondere alle pressanti esigenze di efficienza e di credibilità”.
La sfida per cittadini e istituzioni è a livello mondiale e per Mattarella è l’occasione per citare i regimi autoritari o autocratici, i poteri economici sovranazionali che “tendono a prevalere e a imporsi, aggirando il processo democratico”.
Così senza citarla direttamente si riferisce alla crisi alle porte dell’Europa, sostenendo che “non possiamo accettare che senza neppure il pretesto della competizione tra sistemi politici ed economici differenti, si alzi nuovamente il vento dello scontro”. L’appello è a “alle nostre risorse e a quelle dei paesi alleati e amici affinché le esibizioni di forza lascino il posto al reciproco intendersi, affinché nessun popolo debba temere l’aggressione da parte dei suoi vicini”.
L’unione europea che “non sfugge alle responsabilità davanti alla storia” richiama il pensiero a David Sassoli a cui Sergio Mattarella dedica la parte finale del suo intervento. “La sua testimonianza di uomo mite e coraggioso, sempre aperto al dialogo e capace di rappresentare le istituzioni democratiche ai livelli più alti, è entrata nell’animo degli italiani”
Il presidente fa così sue le ultime parole in pubblico del presidente dell’Europarlamento scomparso: “Auguri alla nostra speranza”.