Roma – In rispettoso silenzio per non invadere il campo su un tema di stretto interesse nazionale, le istituzioni europee non sono però indifferenti alla partita per l’elezione del successore di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica. L’incertezza su come andrà a finire fa tenere il fiato sospeso anche a Bruxelles, dove si valutano le possibili conseguenze degli scenari all’orizzonte.
La soluzione che ripropone lo status quo, quella di un bis per l’attuale inquilino del Colle e del proseguimento senza interruzioni dell’attività dell’esecutivo, farebbe stare più tranquilli i nostri partner europei. In particolare la Commissione Ue che, a partire dalla stesura del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha con il governo uno scambio continuo. Scambio che si intensificherà ulteriormente nel corso della realizzazione degli investimenti finanziati dal Next generation Eu, e delle verifiche che Bruxelles è chiamata a fare sulle tempistiche, molto stringenti, e sull’attuazione delle riforme promesse.
Nonostante in Italia qualcuno ancora punti su questo scenario, la posizione di Mattarella è chiara da mesi e anche gli ultimi segnali – seguirà da Palermo la prima votazione, occupandosi a distanza del trasloco dall’appartamento presidenziale – indicano che voglia lasciare il Quirinale a conclusione del suo settennato. Posizione che in Europa forse rispettano più di quanto lo si stia facendo in Italia.
Parimenti gradita, per i partner europei, sarebbe una soluzione che porti rapidamente a individuare un nuovo presidente della Repubblica e non comporti conseguenze per il governo, il quale potrebbe subito, con le forze politiche che lo sostengono, tornare a concentrarsi sull’attuazione del Pnrr. Dopo il passo indietro di Berlusconi sembra aprirsi lo spazio di un dialogo che porti a questa soluzione, ma il confronto tra i partiti non sembra ancora maturo per approdare a un punto di caduta su un nome ampiamente condiviso.
Ecco perché è ancora in piedi un terzo scenario, quello del passaggio di Mario Draghi da Palazzo Chigi alla presidenza della Repubblica. Nelle ultime ore sembra stia perdendo quota, ma il nome dell’attuale presidente del Consiglio continua a essere il più “papabile” secondo gli osservatori. È questo uno scenario che a Bruxelles genera più incertezza, perché a quel punto la successione alla guida dell’esecutivo sarebbe un’incognita, non solo per il nome ma anche e soprattutto per i tempi.
Poco male se, anche qui, si arrivasse rapidamente all’accordo per un nuovo esecutivo. Si perderebbe qualche settimana per l’insediamento dei nuovi ministri e perché questi possano prendere in mano i dossier relativi al Pnrr. Tuttavia, i ritardi non sarebbero eccessivi e, con un po’ di impegno, si potrebbe rientrare nella rigida tabella di marcia del Piano.
La situazione si complicherebbe, e molto, se il trasferimento di Draghi al Quirinale aprisse una crisi nell’attuale maggioranza. Si perderebbero ulteriori settimane per provare a comporla, con il rischio che invece sfoci in un ricorso anticipato alle urne. I conseguenti tempi dilatati per la campagna elettorale, le elezioni, la formazione di una maggioranza e l’insediamento di un nuovo esecutivo sarebbero poco compatibili con la necessità di accelerare sull’attuazione delle riforme previste dal Pnrr – che ovviamente verrebbero bloccate – e degli investimenti. È proprio questo lo scenario che Bruxelles teme di più, ma non può far altro che attendere la scelta che faranno a Montecitorio i grandi elettori.