Roma – “Quel compagno di classe che tutti noi avremmo desiderato e che ci avrebbe sicuramente aiutato”. Matteo Zuppi, l’arcivescovo di Bologna ricorda così David Sassoli. Lui che compagno di classe lo è stato veramente ha pronunciato parole toccanti durate l’omelia celebrata davanti alle massime cariche dello Stato nella chiesa di S. Maria degli Angeli e dei martiri di Roma, che ha accolto le spoglie del presidente del Parlamento europeo avvolte nella bandiera dell’Unione europea.
In prima fila alle esequie di Stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, del Consiglio Mario Draghi, i presidenti del Senato Elisabetta Alberti Casellati e della Camera Roberto Fico, il presidente della Corte Costituzionale Giancarlo Coraggio, le delegazioni di tutti i partiti politici, Capi di Stato e le istituzioni europee. Poi la famiglia, gli amici di una vita, la folla di cittadini comuni che nella piazza si sono fermati davanti al maxi schermo fuori dalla basilica. Così tante e così diverse le testimonianze che hanno raccontato durante la cerimonia quanto David Sassoli fosse un uomo amato e apprezzato, quanto fosse mite e difficile vederlo arrabbiato, anche se sempre saldo nei suoi principi.
Accolto dal picchetto d’onore il feretro avvolto nella bandiera europea, con le note di Bach che hanno risuonato nella chiesa piena, nei limiti delle misure sanitarie e che ha dato l’ultimo saluto al presidente del Parlamento europeo.
Il cardinale Matteo Zuppi, ha raccontato soprattutto l’uomo, che ha tenuto sempre insieme la fede e l’impegno che veniva dal cattolicesimo democratico, dai pensieri di Giorgio La Pira e David Maria Turoldo da cui aveva preso il nome per desiderio di suo padre.
Nell’omelia un ritratto asciutto ma partecipato, il ricordo di un uomo che aveva sempre “parole per rappresentare chi non aveva voce, i più deboli. Per questo per lui la politica doveva essere per il bene comune e la democrazia sempre inclusiva, umanitaria, umanista”. Era l’idea di “un’Europa unita e che ha servito fino all’ultimo”, con la testardaggine nel volere che le istituzioni funzionassero e fossero sempre al servizio dei cittadini. “Non ideologie ma ideali” ha ricordato Matteo Zuppi, “David era un uomo di parte e anche un uomo di tutti, perché la sua parte era quella della persona”.
Ha amato l’Europa “perché figlio della generazione che aveva visto la guerra e gli orrori del genocidio e della violenza pagana nazista e fascista, dei tanti nazionalismi. Lui figlio della resistenza e dei suoi valori, quelli su cui è fondata la nostra Repubblica e che ha ispirato i padri fondatori.
Accanto alle parole dell’arcivescovo di Bologna, quelle degli amici, degli scout a cui era ancora legato, fin da ragazzo, dei colleghi della Rai, della moglie Alessandra e dei figli Livia e Giulio. Dalla moglie l’attestato della grandezza della persona. “Ti abbiamo diviso e condiviso con tanti, ma hai dimostrato che nulla è impossibile”. Quindi i pensieri e gli aneddoti di una vita terminata troppo presto. Tra questi aneddoti il più doloroso.
“‘Ho avuto una vita bella, decisamente molto bella. E finirla a 65 anni è davvero troppo presto’. Questo mi dicevi solo due settimane fa, quando avevi capito già tutto, mentre noi giocavamo a nasconderci la realtà, sperando l’impossibile”. In questo passaggio di Alessandra il senso del vuoto lasciato.
Quindi il ricordo anche dei tanti insegnamenti, specialmente alla politica. Quella ricerca continua del dialogo, l’abitudine all’ascolto e al rispetto, quasi fosse un lascito preciso per questi giorni in cui i partiti sono alla ricerca di un’intesa ampia per l’elezione del prossimo presidente della Repubblica.