Bruxelles – Avanti con il telelavoro, ma in ordine sparso. La Commissione europea “non intende armonizzare” le disposizioni che regolano il lavoro a distanza in tempi di pandemia, quindi ogni Stato membro dell’UE resterà libero di adottare i regimi di ‘smartworking’ che più ritiene opportuni.
“Le misure di sicurezza sanitaria introdotte a livello nazionale sono di competenza nazionale”, spiega Eric Mamer, capo del servizio del portavoce dell’esecutivo comunitario. “Spetta agli Stati membri”, secondo le regole, decide in merito. Perciò, a meno di un mandato chiaro da parte dei Ventisette, la Commissione europea non ha voce in capitolo. “Non è il ruolo della Commissione definire regole standard“. E’ questo il motivo per cui Bruxelles non intende armonizzare i modelli in vigore.
Il ricorso al lavoro a distanza è stata una delle principali misure adottate per far fronte alla pandemia di Coronavirus, al fine di evitare la paralisi completa del tessuto economico-produttivo. Le regole cambiano da Paese a Paese, all’interno dei quali il settore pubblico e il settore privato procedono comunque in modo differenziato. In questo quadro molto disomogeneo l’esecutivo comunitario ha introdotto le proprie regole, e ragiona alla possibilità di mantenerlo in vigore anche dopo la fine della pandemia. Anche la Banca centrale europea si è espressa a favore di questa modalità di svolgimento del lavoro.
La prospettiva che si profila all’orizzonte è una riscrittura della abitudini professionali. Per questo il Parlamento europeo ha chiesto che si possano riconoscere nuovi diritti ai lavoratori lasciati operativi dalla propria abitazione. Dunque il lavoro a distanza è destinare a restare anche dopo la fine dell’emergenza sanitaria, ma con regole variabili. A meno che gli Stati membri non decidano in altro modo, conferendo alla Commissione la possibilità, a oggi non prevista, di legiferare in materia.