Per il lavoro e per la vita che faccio posso considerarmi un vero glocal. Il vocabolario dell’Enciclopedia Treccani dà di glocal la seguente definizione: “Di atteggiamento, politica, visione, che si concentra contemporaneamente sulla dimensione globale o planetaria e su quella locale”.
La riflessione che mi accingo a fare sull’anno che si è chiuso e su quello che verrà sfrutta ovviamente l’opportunità del mio osservatorio lavorativo di un grande gruppo presente a livello mondiale con attività diversificate, ma anche con una presenza italiana che non supera il 10% del volume totale delle nostre attività. Le nostre attività in acciaio, energia e shipping sono tipicamente attività globali, nel senso che riflettono l’andamento delle economie globali, le loro tendenze, i loro cicli; ma al contempo sono anche profondamente radicate sui territori e su mercati locali di riferimento. Ecco, il mio essere glocal non deriva solo da una moda attuale consentita dalle straordinarie possibilità di connessione che la rete mette a disposizione e dalla straordinaria circolazione di idee e informazioni che contraddistinguono l’era presente. Io ero glocal prima della nascita della rete proprio per il mestiere che ho fatto nella mia vita e per i tanti mondi, culture, imprese e situazioni che ho conosciuto, ma anche per il legame fortissimo con le mie radici che non ho mai voluto recidere mantenendo, nonostante tutto, famiglia, amicizie ed interessi nella mia Chiavari e nel Tigullio.
L’anno che si è appena concluso io lo vedo come un anno straordinario che passerà alla storia; e vi spiego perché.
Il mondo, colpito nel 2020 dalla più grande crisi pandemica mai vista, la prima vera dell’era globale, una crisi che ha bloccato e messo in ginocchio le economie e le società di tutto il mondo con milioni di morti, lockdownestesi e durissimi, grandissima incertezza sul futuro, è riuscito grazie alla straordinaria forza e capacità della scienza, della tecnologia, del capitalismo e del mercato a dare una risposta vaccinale immediata che di fatto e nonostante le sacche di resistenza dei no vax sta sconfiggendo il Covid.
Federico Rampini recentemente ha sottolineato che nella competizione tra vaccini del capitalismo e vaccini di Stato (in specie quelli cinesi) senza dubbio per efficacia e velocità di applicazione hanno vinto i primi.
L’economia mondiale ha subito registrato questa vittoria con una crescita impetuosa, certo dovuta al rimbalzo del post Covid ma anche alle enormi risorse finanziarie che gli Stati (Usa, Europa e Cina) hanno iniettato nei sistemi economici.
La corsa è a utilizzare questa crescita e queste risorse per migliorare strutturalmente la situazione sia dal punto di vista della transizione ecologica ed energetica, che di quella digitale e infrastrutturale.
La sfida oggi è far uscire dalla crisi pandemica anche i Paesi più poveri dove la copertura vaccinale è bassa, Africa in testa. È fondamentale che anche quelle popolazioni siano coperte e ciò non soltanto nell’interesse loro ma del mondo intero.
Per il nostro Paese, il 2021 è stato un anno ancor più straordinario. L’avvento del Governo Draghi e la forza e l’autorevolezza del suo Presidente hanno protetto l’Italia e l’hanno fatta diventare un esempio per il resto del mondo. L’‘Economist’, il famoso settimanale inglese, mai tenero nei nostri confronti, ha assegnato all’Italia il titolo di paese dell’anno grazie al modo in cui si è combattuto il Covid (c’è ancora qualcuno che ha voglia di ironizzare sul generale degli Alpini Francesco Paolo Figliuolo?) e all’efficienza con la quale il governo ha gestito il dossier Pnrr nei rapporti con Bruxelles.
La nostra economia, anche grazie alla fiducia trasmessa al ceto imprenditoriale dal governo Draghi, ha corso più di quella di tutti gli altri Paesi europei, superando per la prima volta da oltre venti anni il 6% nella crescita del Pil! Pensate che il Fondo Monetario Internazionale a gennaio attribuiva all’Italia una modesta previsione di crescita del 3%. Le previsioni per il biennio 2022-2023, e ci arriviamo, sono molto buone, e se si avvereranno confermeranno che l’Italia ha finalmente abbandonato l’ultimo posto europeo per crescita del Pil e al contrario è diventato uno dei paesi più dinamici.
Fiducia in Draghi, efficacia della campagna vaccinale, alcuni importantissimi cambiamenti strutturali dell’industria manifatturiera avvenuti negli anni precedenti e in particolare con il Governo Renzi, che hanno trainato la nostra industria all’innovazione tecnologica con il Piano 4.0 del ministro Calenda, hanno consentito all’Italia di marcare in questo 2021 risultati eccezionali in termini di crescita, investimenti, produttività, innovazione, competitività, export.
Il 2021 italiano è stato un vero anno di grazia anche dal punto di vista sportivo. Vittoria ai campionati europei di calcio, formidabili vittorie olimpiche in cui spiccano la vittoria nei 100m piani e quella nella staffetta 4×100, mai fatte registrare dal nostro sport, hanno suggellato l’anno d’oro dell’Italia.
Quando le cose, sia pure nel quadro drammatico di una pandemia non ancora sconfitta, vanno bene, la cosa che può succedere è che smettano di andare bene.
Come si presenta il 2022 a livello globale? Cosa succederà nel nostro Paese?
Qualche maggiore incertezza c’è.
È chiaro che sarà ancora fondamentale il controllo della crisi pandemica nelle varie aree e paesi del mondo e quindi l’estensione e l’efficacia delle campagne vaccinali. La situazione è diversificata anche all’interno dei paesi più sviluppati. Ce ne sono alcuni virtuosi come il nostro, che nonostante la sacca no vax hanno raggiunto percentuali di popolazione vaccinata molto alte; e altri tipo gli Usa che restano su livelli di vaccinazioni più basse. Della Cina è difficile dire perché non ci sono informazioni attendibili.
È evidente che la sconfitta del virus e la sua definitiva ‘raffreddorizzazione’, come recentemente dagli Usa un importante scienziato italiano ha definito il passaggio possibile da pandemia a epidemia con sintomi sempre più lievi, dipende dalla copertura vaccinale di fasce di popolazione sempre più ampie.
Accanto alle incertezze sull’evoluzione del Covid si registrano anche incertezze relative al ciclo economico.
In particolare dopo quarant’anni di quiete forti impulsi inflazionistici, dovuti da un lato a una crescente inflazione da costi delle materie prime dall’altro alle ingentissime risorse finanziarie iniettate dagli stati nei sistemi economici, rischiano paradossalmente di rallentare la crescita in maniera significativa.
Metalli, noli, materie prime nobili per gli apparati elettronici, legno, cemento, vetro, carta, ceramica: tutto costa di più e spesso non si trova.
Il caso della tempesta perfetta sui prezzi dell’energia è emblematico. Fenomeni di squilibri reali tra domanda e offerta, fattori geopolitici, un insensato approccio soprattutto europeo ai temi della transizione energetica che ha gettato nell’incertezza i mercati e favorito la speculazione finanziaria condizionano fortemente il futuro. L’epicentro della crisi è l’Europa che fa un’enorme fatica a coniugare gli obbiettivi di decarbonizzazione con una transizione razionale e pragmatica e non ideologica e con scelte geopolitiche sensate. Aver promosso la realizzazione del North Stream 2, il grande gasdotto che collega attraverso il mare del Nord la Russia alla Germania, e ora che è finito per ritardarne la partenza è un non senso che qualcuno prima o poi ci dovrà spiegare. Vedi al riguardo per un approfondimento il mio editoriale sull’ultimo numero di ‘Piazza Levante’.
Quanto all’Italia, la grande incertezza è rappresentata dalla prossima elezione del Presidente della Repubblica e dal futuro di Mario Draghi.
La situazione è difficile perché non mi sembra che ancora ci siano idee chiare sul come non perderlo. Le forze politiche, tutte, da un lato mostrano segni di insofferenza per una sorta di ‘commissariamento’ a cui sono state sottoposte dal Governo Draghi, dall’altro sono consapevoli che l’uscita di scena di SuperMario rischia di avere conseguenze molto negative per l’Italia soprattutto a livello internazionale. Un paese con un enorme debito come il nostro non può scherzare con il rating e lo spread che determinano il costo del nostro debito e sono determinati da grandi centrali internazionali.
La fiducia interna ed esterna così faticosamente conquistata e così fondamentale per l’economia e gli investimenti può svanire in poche ore, facendoci ripiombare in un buco nero fatto di non crescita, sfiducia, rassegnazione. Bisogna assolutamente evitare tutto ciò.
L’ideale sarebbe, almeno per un anno ancora, non cambiare niente. Lasciare Draghi a Palazzo Chigi e Mattarella al Quirinale ancora per un po’. Quando c’è tempesta, e tempesta ancora c’è sia a livello nazionale che internazionale, non si cambia il comandante della barca.
Ma qui la mia cultura marinara glocal si spinge troppo avanti e quindi mi taccio.
Ci sarebbero tante cose da dire su Chiavari, sul Tigullio e sulla Liguria: ma lo spazio manca e rinviamo la riflessione ai prossimi numeri.
Buon 2022 a tutti.
Leggi questo articolo su Piazza Levante.