Bruxelles – La preoccupazione la evoca il primo ministro belga, ancora prima dell’inizio dei lavori. Alexander De Croo condivide con gli altri leader liberali, nella riunione che precede i vertici del Consiglio europei, la preoccupazione per l’introduzione dei tamponi anti-COVID sui viaggiatori dell’UE. Nessun riferimento esplicito all’Italia, che comunque è l’ultimo in ordine di tempo ad aver abbandonato la strada delle risposte comuni e della concertazione europea e che spinge il belga a imporre la linea di “allinearsi” quanto più possibile a livello di Ventisette.
C’è l’impressione che sulle misure anti-COVID non si sia ancora d’accordo. Janez Jansa, il primo ministro sloveno il cui governo detiene la presidenza di turno del Consiglio dell’UE, sulle restrizioni di viaggio “auspica un approccio coordinato”, dice anche lui senza fare nomi, ma è chiaro che la linea imposta da Draghi ha già lasciato il segno. “Sono fiducioso che siamo vicini a raggiungere un accordo”.
La Germania non si pronuncia. Olaf Scholz, al suo primo summit, ribadisce l’importanza di difendere “i cittadini” dal virus, ma sui tamponi non risponde. Di tamponi non parla Magdalena Andersson, prima ministra di Svezia, che annuncia obbligo di green pass per tutti i cittadini UE in transito da e per il Paese “dalla prossima settimana”.
Quale possa essere la proposta di compromesso sembra indicarlo il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis. “La migliore risposta alla variante Omicron è la vaccinazione, e se serviranno test aggiuntivi sarà solo durante il periodo natalizio”. Ecco dunque la formula che potrebbe mettere tutti d’accordo. Andare oltre la logica del certificato COVID in uno dei momenti dell’anno in cui gli europei si mettono in movimento, per poi riaprire e tornare alle risposte comuni in senso più permissivo.
Non si annuncia una decisione né facile né scontata. Del resto, critica il presidente del Parlamento Sassoli, il comportamento come quello assunto dell’Italia “fa parte di un’Europa che rinvia i problemi”. Una stoccata ad un’Europa che ancora fatica a mettersi d’accordo. “Nel 2001 siamo usciti dalla crisi della mucca pazza grazie ad una politica comune sul benessere animale. Possiamo uscire dalla crisi COVID senza una politica comune? Questo è quello che si chiedono i cittadini”.
I leader intanto si chiedono come gestire la crisi russa. L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Josep Borrell, assicura che “siamo al lavoro per un ampio ventaglio di sanzioni”, su cui nessuno dei leader si sbottona. “Non è il caso di parlarne adesso”, la frase ripetuta da tutti gli interpellati. Non si vogliono mostrare le carte troppo presto, perché si vuole evitare “lo scenario peggiore, quello di un conflitto militare, che purtroppo non possiamo escludere”, ammette il presidente lituano Gitanas Nauseda. L’impressione è che tutto o quasi dipenderà dalle mosse di Mosca, con l’UE pronta a reagire e alle prese con il kit di risposta per ogni evenienza.“L’inviolabilità delle frontiere è un importante fondamento della pace in Europa e faremo di tutto per mantenere questa inviolabilità”, afferma Scholz al suo arrivo in Consiglio.