Bruxelles – Facilitare il dialogo tra esperti globali sulle strategie sanitarie più efficaci nel ridurre morte e malattie legate al fumo e ad abbracciare anche le nuove tecnologie . Questo l’obiettivo del ‘Virtual E-Cigarette Summit Uk 2021’, l’ultima edizione del vertice della sigaretta elettronica nel Regno Unito che si è svolto virtualmente dal 7 all’8 dicembre per fare un punto sul ruolo nella salute pubblica dei nuovi prodotti senza fumo – come le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato – meno dannosi delle sigarette tradizionali e che possono rappresentare un valido alleato per vincere la dipendenza dal fumo.
Al centro del confronto la necessità di includere in una strategia globale sanitaria un riferimento alla riduzione del danno, l’approccio che considera i prodotti alternativi alle sigarette come un mezzo “meno tossico e nocivo” per affrontare il problema della dipendenza dal fumo e che in certi casi aiuta chi non riesce a smettere. Ed è questo tipo di approccio che è mancato alla “Convenzione quadro per il controllo del tabacco (Fctc) dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) che non è riuscita a mantenere le sue promesse”, ha riconosciuto Robert Beaglehole, medico esperto di sanità pubblica che ha lavorato per anni all’OMS come direttore del Dipartimento malattie croniche e promozione della salute. Secondo l’esperto l’OMS “ha perso l’orientamento” sulla questione, e lo dice invitandola “a promuovere una politica di controllo del tabacco che includa la riduzione del danno, ovvero l’incentivazione a passare dai prodotti tradizionali a quelli tecnologici come le sigarette elettroniche o i prodotti a tabacco riscaldato”.
Cita esempi di Paesi che hanno abbracciato la riduzione del danno e che stanno rapidamente riducendo i tassi di fumatori, in Svezia e Giappone: nel primo caso, “lo ‘snus’ (tabacco per uso orale, vietato dall’Unione Europea nel 1992) sta rimpiazzando in maniera crescente il fumo di sigaretta”, mentre “in Giappone, dove dispositivi che non bruciano il tabacco hanno ridotto la vendita di sigarette del 30 per cento”. Tra i motivi che per Beaglehole hanno portato la Convenzione OMS per il controllo del tabacco a fallire c’è anche il fatto che non abbia voluto “abbracciare i prodotti meno dannosi”, oltre che la “morsa dell’astinenza da nicotina e l’attenzione al fumo giovanile a scapito del fumo fra gli adulti. L’OMS, almeno nel campo del controllo del tabacco, ha perso la sua strada”, ha osservato. Parla dell’obiettivo di dar vita “un mondo senza fumo, non un mondo senza nicotina. Il nemico sono le sostanze tossiche del tabacco bruciato”, avverte.
L’esperto invita a guardare alla “lezione che arriva dalla pandemia di COVID-19: abbiamo bisogno di una risposta globale coordinata con prove forti e indipendenti che non lasci nessuno indietro, una politica basata sulla scienza e una discussione trasparente sui rischi e il monitoraggio dei progressi”. Conclude che per avere successo nel ridurre le morti legate al fumo servirà “che l’OMS e la Convenzione guidino senza ostacolare le strategie di riduzione del danno; se più Paesi adotteranno e raggiungeranno obiettivi di riduzione” del fumo di sigaretta; “se l’industria del tabacco passerà sempre più a prodotti per la somministrazione di nicotina meno dannosi”.
Le sigarette elettroniche rimangono l’aiuto più popolare per smettere” di fumare “ma i tassi di consumo di sigarette elettroniche rimangono invariati dal 2013”, ha osservato Rosanna O’Connor, direttore del dipartimento Dipendenze e Inclusione del sistema sanitario inglese. E forse parte del problema è che la riflessione e il dibattito sui nuovi prodotti del tabacco deve spogliarsi di “tutto il rumore circostante” che la rende una discussione ideologica, ha osservato Clive Bates, esperto che dirige Counterfactual Consulting, un’organizzazione di consulenza sulle policy. L’attuale discussione “va spogliata da contrapposizioni non basate sulle evidenze. E andrebbero analizzate le strategie di controllo del tabacco finora messe in campo anche alla luce della loro efficacia nel concreto”. “Questioni ideologiche sottostanti, posizioni morali”, le chiama anche Colin Mendelsohn, autore del libro “Stop Smoking, Start Vaping” ha spiegato come ad oggi, “la maggior parte dell’opposizione alle sigarette elettroniche non si basa su prove ma su queste posizioni morali”.
La parola d’ordine deve essere uniformare la ricerca sulle sigarette elettroniche. “Se non possiamo smettere di fumare, vogliamo ridurne i danni. Se permettiamo dei pregiudizi, allora non stiamo facendo il nostro lavoro correttamente. Quindi dobbiamo fare tutto il possibile per ridurre i danni causati dai pregiudizi”, ha aggiunto Robert West, dell’University College London, che come gli altri ha denunciato una “grave distorsione della base di prove” con l’obiettivo di “scoraggiare i buoni ricercatori dal lavorare in un campo”.