Matteo Renzi ha stravinto in patria e in Europa. Più del 40% degli elettori ha dato fiducia all’ex sindaco di Firenze e saranno 31 i deputati del Partito democratico che andranno dritti al Parlamento europeo. Un risultato schiacciante che, secondo Vincenzo Scarpetta, analista politico al Centro Studi Open Europe di Londra, dipende molto dalle doti oratorie del Presidente del Consiglio e da un pizzico di populismo.
Come spiega questa vittoria?
Renzi è stato capace di parlare alle piazze e in questo è stato un ottimo populista. Ha sfidato Grillo e Berlusconi sul loro stesso terreno. Ha usato certo toni più pacati ed è lontano anni luce dalla strategia urlata di Grillo, ma portando un tocco di populismo in qualche modo è riuscito a insidiare e a vincere il leader del Movimento 5 Stelle.
Il populismo per lei dunque può essere “buono”, costruttivo?
Per me il termine non deve avere un’accezione necessariamente negativa, populista è colui che riesce a parlare alla pancia della gente e Renzi in questo è stato un maestro. Se Veltroni e Bersani hanno fallito nel tentativo di avvicinarsi all’elettorato, Renzi è la dimostrazione che il linguaggio diretto funziona.
Ora che Renzi ha vinto cosa succederà?
Questa vittoria è stata in qualche modo la legittimazione del governo, ma il Presidente del Consiglio deve ora pensare a mettere in pratica le riforme che ha promesso. La buona notizia per Renzi è che ha vinto, la brutta notizia è che ha stravinto. Il nuovo centro destra ce l’ha fatta sul filo di lana e Berlusconi ne è uscito molto indebolito. Paradossalmente però un Berlusconi debole è molto più pericoloso perché imprevedibile. C’è cioè il rischio che faccia opposizione e impedisca che vengano approvate le riforme come quella del Senato e la legge elettorale.
Perchè Grillo ha fatto flop?
Bisogna fare una distinzione tra militante grillino ed elettore insoddisfatto. Il successo avuto dal Movimento 5 Stelle nelle politiche del 2013 era legato al fattore novità e comprendeva i voti dei militanti e dei delusi. Le persone esasperate dalle politiche di Pd e Pdl hanno visto in Grillo un’alternativa, ma poi lui, una volta in Parlamento, è rimasto isolato. Il militante continuerà a votare comunque per Grillo, anzi, la scelta di non allearsi con nessuno ha rafforzato il suo ruolo di leader. L’insoddisfatto però è rimasto ancora una volta deluso dal suo isolamento e per questo non lo ha rivotato.
Il 21% è comunque una percentuale forte, che può farsi sentire in Parlamento. Saranno diciassette i deputati grillini che andranno in Europa. Cosa succederà: si uniranno agli altri partiti euroscettici per formare un gruppo o rimarranno degli outsider?
Questo è molto difficile da prevedere. L’ultima decisione, come da manuale, spetterà a Grillo stesso. I nuovi eletti non potranno allearsi con nessuno senza il via libera del loro leader. C’è da dire che Grillo in Europa fa gola a molti. L’Ukip di Nigel Farage ha iniziato a corteggiarlo, ma anche i Verdi francesi di José Bové hanno alcuni punti in comune con il Movimento 5 Stelle, come l’approccio ecologista. I Verdi tedeschi però sembrano opporsi. Le dinamiche sono complesse, ma da non sottovalutare. I gruppi euroscettici rappresentano una forza emergente e un campanello d’allarme per establishment politico europeo.
E come spiega il terremoto euroscettico in Francia, Gran Bretagna e non solo: cosa cambierà in Parlamento?
In Parlamento ci sarà inevitabilmente una forte presenza euroscettica, ma non significa che questo si tradurrà in cambiamenti effettivi. Prima di tutto mi sembra molto remota l’ipotesi che gli anti europeisti riescano a formare un gruppo coeso, hanno diversità interne troppo forti e l’unico terreno comune è l’opposizione all’euro. Front National e Ukip potrebbero pensarla allo stesso modo sull’immigrazione, ma non certo sui temi economici. Per esempio Marine Le Pen ha la stessa posizione del leader della Sinistra Europea Alexis Tsipras per quanto riguarda la volontà di bloccare il Trattato transatlantico di libero scambio. La mia impressione è quindi che si costituiranno vari gruppi e ci sarà collaborazione su temi specifici. Il modo per contrastare questi partiti, che con il 31% rappresentano circa un terzo del Parlamento, è che i popolari del Ppe, i socialisti del Pse e i liberali dell’Alde si mettano insieme. Se si uniscono possono approvare quello che vogliono, ma il rischio di aumentare la polarità tra pro Europa e anti Europa eliminando il centro riformista è che la frustrazione degli elettori nei confronti dell’Unione aumenti ancora di più.