Bruxelles – Pochi controlli uguale pochi errori. Quando una carenza di verifiche fa sembrare le cose esser meglio di quel che effettivamente sono. E’ l’accusa che viene oggi dalla Corte dei Conti europea nei confronti della Commissione UE, a proposito degli effettivi risultati della politica di coesione, degli aiuti dati da Bruxelles agli Stati membri.
Ogni anno la Commissione comunica la propria stima del livello di irregolarità nella spesa nella politica di coesione dell’UE. per farlo, spiega la Corte, svolge una notevole mole di lavoro per l’accettazione dei conti annuali degli Stati membri e la verifica dell’affidabilità delle informazioni sulla regolarità da questi fornite in relazione a questo settore d’intervento. Ma in una relazione pubblicata oggi, la Corte dei conti europea conclude che i tassi di errore comunicati dalla Commissione per tale settore non sono definitivi, e che “probabilmente sottostimano il livello effettivo di irregolarità nella spesa per la politica di coesione”. Ciò è dovuto “alle carenze riscontrate dalla Corte nel sistema di controllo della Commissione”.
La politica di coesione, che mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo degli Stati membri e delle regioni dell’UE, è diventata il più ampio settore d’intervento dell’UE e rappresenta oltre un terzo del bilancio dell’UE (390 miliardi di euro per il periodo 2014‑2020). Questo settore è inoltre caratterizzato da un elevato rischio di spese irregolari, a causa delle complesse regole che lo disciplinano e del fatto che la maggior parte della spesa si basa sul rimborso delle spese dichiarate. Ogni anno, dopo che le autorità degli Stati membri hanno completato gli audit della spesa per la coesione, la Commissione europea espleta verifiche e una valutazione delle attività e delle constatazioni degli auditor degli Stati membri per accertare che il livello residuo di errore nella spesa per la coesione comunicato dagli Stati membri sia inferiore alla soglia del 2 per cento.
“Il sistema di controllo della Commissione non riesce a compensare a sufficienza le debolezze nei controlli effettuati dalle autorità di audit degli Stati membri sulla spesa per la coesione”, ha affermato Tony Murphy, il membro della Corte dei conti europea responsabile della relazione. “Il livello stimato di errore comunicato annualmente dalla Commissione nella relazione sulla gestione e il rendimento e nelle relazioni annuali delle direzioni generali competenti non è definitivo, e può solo rappresentare un valore minimo”, ha aggiunto
Per il periodo 2014‑2020, la Corte rileva che la Commissione europea svincola la trattenuta del 10 per cento inizialmente operata sui pagamenti anche se dispone di elementi attestanti che la spesa nei conti presenta un livello di errore superiore al 2 per cento. Benché ciò sia in linea con il regolamento, non lo è con l’obiettivo generale della trattenuta, concepita per tutelare il bilancio dell’UE. Per il periodo 2021‑2027, la Corte rileva alcuni cambiamenti in positivo: la Commissione, ad esempio, non può più accettare conti con un tasso di errore totale residuo comunicato superiore al 2 per cento. Continuerà tuttavia a svincolare la trattenuta, ridotta al 5 per cento, prima di aver completato i controlli sulla regolarità. Tali modifiche non consentono ancora di raggiungere l’obiettivo di tutelare il bilancio dell’UE.
Mediante le analisi dei documenti, la Commissione mira a verificare la coerenza delle informazioni sulla regolarità fornite dagli Stati membri. La Corte ha riscontrato però che, a causa di limiti intrinseci di tali controlli, “alcune spese irregolari non vengono rilevate e corrette“. Tali analisi apportano dunque un limitato valore aggiunto ai fini della conferma della regolarità delle operazioni e della validità dei tassi di errore residuo comunicati. Sebbene le analisi contribuiscano all’approccio basato sul rischio per selezionare le autorità di audit che svolgano gli audit di conformità, la Commissione non ha sempre selezionato le autorità di audit con i punteggi di rischio più elevati, né ha documentato a sufficienza i motivi alla base della selezione.
Gli “audit di conformità”, mediante i quali la Commissione analizza l’ammissibilità delle operazioni e le spese connesse, sono l’elemento più importante nella valutazione del lavoro e delle relative constatazioni di un’autorità di audit. La Corte attira l’attenzione sull’alta frequenza di errori non individuati rilevata dalla Commissione, seppur le dimensioni del campione esaminato fossero limitate. Ciò indica che presumibilmente sono presenti altri tipi di errori nelle numerose operazioni restanti e nelle spese non analizzate dalla Commissione.
Quest’ultima tuttavia utilizza i risultati del lavoro svolto quale base principale per costituire il proprio indicatore chiave di performance (ICP), che in linea di principio rappresenta la migliore stima del livello residuo di errore nella spesa per la coesione. La Corte considera tale ICP un livello di errore stimato minimo, che non è definitivo in quanto i tassi di errore comunicati dagli Stati membri possono ancora essere rivalutati e aumentati alla luce di attività di audit in corso o future. La Corte conclude dunque che “è probabile che il livello di errore effettivo nella politica di coesione sia sottostimato nel documento di rendicontabilità fondamentale della Commissione“: la relazione annuale sulla gestione e il rendimento. Per migliorare la comunicazione delle informazioni sulla regolarità per la sottorubrica “Coesione” per il nuovo periodo di programmazione, la Corte formula alcune raccomandazioni.