A Eunews la Conferenza sul futuro dell’Europa l’abbiamo seguita sin dall’inizio. La collega Fabiana Luca ha scritto sulle sue prime riunioni, ha parlato con i partecipanti, continuerà a raccontarla. Eppure quella Conferenza continua ad apparirmi un’inutile esercizio paternalista che non porterà a nulla di buono.
Non porterà a nulla di buono, nel senso di “utile”, perché contravviene a una basilare regola della politica, quella che dice che i politici, in quanto rappresentanti del popolo, devono assumersi delle responsabilità e fare delle scelte. Non devono tergiversare, non devono estrarre a sorte 800 cittadini qualsiasi per portarli a fare un viaggio politico/turistico a Strasburgo (quando non hanno la sfortuna di beccare una sessione virtuale) e fargli dire la qualunque, assegnandoli a discutere in gruppi tematici che magari non li interessano e che comunque non hanno scelto. La Conferenza è fallita prima di nascere e questo lo si è visto subito, dalla scarsità di contributi portati dai cittadini, perché i cittadini possono anche esprimere un’opinione, se interpellati, su un tema preciso, che magari li interessa, ma non possono assumersi la responsabilità, toltisi il camice da medico, o i guanti da netturbino, o spento il pc da impiegato o da giornalista, di riemettere in piedi l’Unione europea. Non è il loro mestiere.
I cittadini la loro l’hanno detta quando hanno scelto i deputati europei, ad esempio. Ebbene, siano questi deputati europei ad offrire le risposte che sono necessarie: elaborino un quadro e lo offrano ai loro elettori, è il loro mestiere, sono loro che hanno gli strumenti per avere una visione complessiva, sono loro che devono sapere dove siamo e dove stiamo andando e dunque trovare i modi migliori per andarci.
Perché non c’è tempo da perdere: il piano Next Generation EU, sacrosanto, ci ha portati (non porterà, già lo sta facendo) in una “lunga e difficile fase di transizione”, come ha sottolineato ieri sera la sempre brillante Nathalie Tocci ad un evento della Fondazione Feltrinelli organizzato a Bruxelles. Bene, questa transizione va gestita per le persone. Per chi perderà il lavoro, perché a molti capiterà questo, e per chi lo ritroverà in altre forme, per fare altre cose, e a molti, ma un po’ meno, capiterà anche questo. Per chi dovrà ripensare a come muoversi, a come gestire la casa, a come vestirsi, a come mangiare, a dove andare in ferie e a come far studiare i figli, a quale politica pensare. Il mondo verso cui stiamo andando sarà molto diverso, per alcuni radicalmente diverso, e la politica non può limitarsi a fare la scelta di approvare il NGEU: deve anche proporre come organizzare la nostra vita per il durante e il dopo.
Ad esempio, tutti (o quasi) avremo bisogno di lavorare per vivere. Ma dovremo lavorare otto ore al giorno per cinque giorni? O forse 0tto per tre? O forse cinque ore per cinque giorni? E come costruiremo le nostre pensioni? Come potremo gestire il nostro tempo libero e quale sarà la formazione migliore? Che rapporti avremo con altre aree del Mondo dalle quali arriva la pressione di quelli che stiamo lasciando indietro, spesso per poter vivere meglio noi? Quale sarà il miglior tipo di rappresentanza politica in una mondo nel quale le persone avranno più tempo, probabilmente, per occuparsi degli altri e della cosa pubblica?
Certo, i cittadini possono organizzarsi, dibattere, analizzare, fare proposte, sperando di essere ascoltati. Fare la propria parte, non delegare tutto e invece impegnarsi e mobilitarsi è giusto, come è giusto anche essere direttamente consultati dai decisori, che magari devono anche facilitare un lavoro di proposta che nasce dal basso, dalle tante e diverse sensibilità che hanno i cittadini.
Le risposte, però, poi le deve offrire la politica, e noi cittadini poi sceglieremo tra le varie offerte. Non può la politica (intesa come gli uomini e le donne che la fanno) pensare di salvarsi scaricando la responsabilità su 800 persone (su 400 milioni) scelte a sorte per poi dire: ora cerchiamo di mettere ordine, dateci il tempo per farlo. No, il tempo non c’è, le risposte, le proposte devono arrivare subito, prima delle prossime elezioni europee abbiamo bisogno di sapere cosa ci si propone, e dunque di avere gli strumenti per scegliere. In Europa e a livello nazionale.