Bruxelles – L’UE si prepara a rispondere nuovamente alla Bielorussia di Alexander Lukashenko e sulla questione della strumentalizzazione delle persone migranti alla frontiera ha deciso di ampliare la portata delle sanzioni contro Minsk. Attraverso una decisione e un regolamento del Consiglio dell’UE è stato modificato il regime di misure restrittive contro persone ed entità vicine al regime di Lukashenko, con un’estensione dei criteri su cui potrà essere basato il quinto pacchetto di sanzioni: Bruxelles ora è in grado di colpire coloro che organizzano o contribuiscono per fini politici alle attività di attraversamento illegale delle frontiere esterne dell’Unione Europea.
“La decisione di oggi riflette la determinazione dell’Unione a opporsi contro questa pratica inumana e illegale”, ha dichiarato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. “Allo stesso tempo, continuiamo a sottolineare l’inaccettabile repressione in corso da parte del regime contro la sua stessa popolazione”, ha aggiunto. Il via libera era stato dato dal vertice dei leader UE dello scorso ottobre, che aveva ribadito la condanna a “tutti gli attacchi ibridi alle frontiere dell’UE” e che avrebbe risposto di conseguenza.
A seguito dell’escalation di tensione sul confine tra Polonia e Bielorussia, mercoledì scorso (10 novembre) l’alto rappresentante Borrell ha rilasciato una dichiarazione di “ferma condanna” verso il regime di Lukashenko, per aver “deliberatamente messo in pericolo la vita e il benessere delle persone e per aver fomentato la crisi alle frontiere esterne dell’UE”, nel tentativo di “distrarre l’attenzione dalla situazione in Bielorussia, dove la repressione brutale e le violazioni dei diritti umani continuano e addirittura peggiorano”. Lo stesso giorno il governo polacco guidato da Mateusz Morawiecki ha chiesto di organizzare un vertice straordinario in videoconferenza incentrato sulla questione della Bielorussia e della crisi migratoria, prima di quello già in programma per il 16-17 dicembre.
In attesa del nuovo pacchetto di sanzioni (il quinto) di Bruxelles contro la Bielorussia, il presidente Lukashenko ha provato ad alzare nuovamente la voce, dopo le minacce di stop al transito di gas verso l’UE: “Pensano che io stia scherzando, che sia una minaccia vuota, ma non lo è. Abbiamo raggiunto il limite, non c’è spazio per una ritirata”. Ma, citato dall’agenzia di stampa nazionale Belsat, ha specificato che “noi non vogliamo un conflitto sul confine” e che “siamo pronti a rimandare i migranti in patria, ma loro non vogliono tornare”. Da Mosca è arrivata una sponda al presidente bielorusso: “Non è assolutamente corretto attribuire a Lukashenko l’intera colpa della crisi dei migranti al confine con l’Unione Europea”, ha commentato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.
Oltre alle sanzioni contro la Bielorussia, il tema caldo nell’UE riguarda la possibilità di finanziare muri e barriere di confine con fondi comunitari, in un dibattito che sta creando tensioni tra le istituzioni (Consiglio contro Commissione) e anche tra gruppi politici all’interno del Parlamento Europeo. Al momento la strategia del gabinetto guidato da Ursula von der Leyen è quella di sensibilizzare i Paesi di origine del flusso (Medio Oriente e Africa occidentale) e di lavorare diplomaticamente con i partner per interrompere i flussi e adottare misure come la sospensione delle rotte aeree verso Minsk. Dalla settimana scorsa il vicepresidente della Commissione UE, Margaritis Schinas, è impegnato in un viaggio nelle capitali mediorientali per “faccia a faccia costruttivi”, hanno fatto sapere i portavoce. I primi risultati in questo senso sono stati il divieto imposto da Dubai e da Beirut ai passeggeri iracheni e siriani di volare verso la Bielorussia facendo scalo nei due Paesi, la sospensione dei voli su Minsk della compagnia aerea siriana Cham Wings Airways e l’annuncio del governo dell’Iraq che da giovedì (18 novembre) saranno organizzati voli di rimpatrio per i propri cittadini “su base volontaria”.