Bruxelles – Sono sempre di meno gli Stati membri dell’UE contrari all’idea che l’energia nucleare finisca tra gli investimenti sostenibili della tassonomia verde. Lo dimostra il fatto che di fronte alla spinta francese per rilanciare l’energia dell’atomo nel Continente in risposta all’aumento dei prezzi, un gruppo risicato di cinque Stati membri abbia cercato di creare un fronte alternativo e contrario a questa idea a margine della COP26, la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite, in corso a Glasgow (Scozia), raccogliendo ben pochi consensi. Talmente pochi che anche la presenza della Germania non potrà fare molto per influenzare la decisione della Commissione Europea, attesa con ritardo nelle prossime settimane.
Berlino, insieme ad Austria, Danimarca, Lussemburgo e Portogallo ha sottoscritto ieri (11 novembre) una dichiarazione congiunta in cui definisce “l’energia nucleare incompatibile con il principio ‘non causare danni significativi’ (do no significant harm) presente nel regolamento sulla tassonomia dell’UE “. Hanno organizzato un evento a margine della COP26 per chiedere una “tassonomia europea senza nucleare”, in ragione del fatto che la sua presenze nella “finanza sostenibile” non farebbe altro che minarne la credibilità di fronte agli investitori.
Sebbene sia una fonte energetica “pulita” perché a bassa produzione di emissioni, gli Stati che la impiegano devono far fronte allo smaltimento di scorie e rifiuti radioattivi che restano sui territori per decenni. Il gruppetto dei Cinque esorta quindi l’Esecutivo europeo a non “mettere a repentaglio” il sistema di classificazione europeo, che rappresenta anche una evoluzione positiva della politica climatica dell’UE finora sconosciuta ad altri Paesi. Vista la recente apertura della stessa presidente tedesca della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, è quasi scontato dire che il nuovo atto delegato della tassonomia includerà il nucleare: starà poi ai singoli Stati decidere se impiegarlo e ripensarci.
Il silenzio assenso dell’Italia sul nucleare
Sulla questione nucleare il silenzio dell’Italia è assordante. E ieri non è passata inosservata l’assenza del ministro per la transizione ecologica, Roberto Cingolani, insieme agli altri cinque ministri europei dell’ambiente. Un silenzio assenso? E’ possibile. Cingolani è stato bene attento a non entrare mai nel merito della questione a tutte le riunioni europee a cui ha partecipato da diversi mesi a questa parte, anche quando il tema della tassonomia era chiaramente sul tavolo. L’Italia non intende rivelare la sua posizione sul nucleare di cosiddetta quarta generazione fino a che non ci sarà la proposta da parte della Commissione sulla tassonomia.
L’Italia ha abbandonato la produzione di energia elettrica dal nucleare dopo un referendum del 1987, e ancora oggi sconta il fatto di non aver saputo costruire in tempi brevi un centro nazionale per lo stoccaggio e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi di cui si discute da anni. Per l’eurodeputata dei Verdi europei Eleonora Evi l’assenza del Paese all’evento di ieri della COP26 è solo una “ulteriore conferma delle malcelate posizioni pro nucleare del ministro Cingolani”, scrive in una nota congiunta con Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde.
Evi fa riferimento a un accordo non scritto tra Italia e Francia per sostenersi a vicenda: consentire al nucleare di essere considerato un investimento sostenibile, in cambio dell’inserimento del gas in tassonomia voluto dal governo romano. “Un accordo scellerato, che farebbe dirottare i finanziamenti destinati alla transizione ecologica verso l’industria nucleare dei francesi e al mantenimento dell’industria del gas italiana, a cui Cingolani non perde occasione di dimostrare sostegno”. La decisione della Commissione sulla tassonomia verterà infatti non solo sul nucleare ma anche sugli investimenti al gas, che Bruxelles non ha mai nascosto ritenere necessari per la transizione a un continente decarbonizzato.
La discussione sulla tassonomia va avanti in UE da diversi mesi ed è possibile rendersi conto di quanto sia cambiato l’approccio degli Stati membri membri nel tempo, condizionato evidentemente dall’attuale aumento dei prezzi del gas e dell’energia che ha ricordato quanto l’UE sia dipendente energeticamente da Stati terzi. Anche non proprio alleati, come la Russia per il gas naturale. A marzo c’erano solo Francia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Ungheria, Slovenia e Polonia dichiaratamente a favore del nucleare nella tassonomia, mentre già a ottobre si erano aggiunti Bulgaria, Croazia, Finlandia, Romania, Slovacchia ma anche i Paesi Bassi.
Oltre dieci Stati che si appellano al diritto di ciascuno (ex articolo 194 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea) di scegliere tra diverse fonti di energia e il diritto di determinare la “struttura generale dell’approvvigionamento energetico”. Secondo i sostenitori del nucleare, questo diritto sarebbe ostacolato o almeno limitato dalla definizione delle politiche dell’UE sull’energia per questo vogliono una tassonomia che racchiuda il più ampio ventaglio possibile di fonti energetiche, per dare modo a tutti di scegliere.