Roma – Una vera ed equa ripresa è possibile ma solo abbassando le diseguaglianze tra Paesi ad alto e basso reddito nella disponibilità dei vaccini. Parte il G20 a presidenza italiana e nella prima sessione dedicata all’Economia e salute globale in primo piano ci sono gli obiettivi da conseguire per l’uscita dalla pandemia.
Il summit accoglie il target indicato dall’Organizzazione mondiale della sanità che prevede di vaccinare almeno il 40 per cento della popolazione globale entro il 2021 e almeno il 70 per cento entro il 2022. Per questi ultimi mesi dell’anno si tratta di uno sforzo impegnativo, considerato che attualmente “nei Paesi più poveri la percentuale di vaccinati raggiunge appena il 3 per cento” ha sottolineato il presidente del G20 Mario Draghi nella sua introduzione.
Oltre a donare dosi a quella parte del mondo che ne ha avuto poche, in molti hanno sottolineato come sia necessario aumentare la capacità produttiva e il trasferimento tecnologico in zone come l’Africa, anche in previsione delle emergenze sanitarie future. In questa direzione, sono stati rilanciati i cardini del Global Health summit di maggio, per un rafforzamento della governance della salute e migliorare il coordinamento tra le autorità sanitarie e finanziarie.
L’impegno profuso in questi anni per contrastare la pandemia ha visto in tutto il mondo in prima linea il personale sanitario è il G20 ha voluto rendergli omaggio includendo una rappresentanza di medici, infermieri e ricercatori nella foto di famiglia che ha inaugurato il summit. Scatto cui è seguito un caloroso applauso nella gradinata allestita davanti alla sala ovale della Nuvola che ospita il vertice.
Sul tavolo dei 20 Paesi più industrializzati è planato l’accordo sulla tassazione minima globale, già raggiunto in ambito OCSE e che verrà siglato domani nella dichiarazione finale. Un’intesa su cui ha manifestato esplicitamente il suo sostegno il presidente americano Joe Biden, affermando che grazie a questo intervento “la comunità internazionale, potrà sostenere le persone facendo in modo che le aziende contribuiscano pagando la loro quota”.
Secondo fonti diplomatiche l’accordo si fonda su due pilastri che dovranno regolare la riforma del sistema fiscale internazionale. Il primo prevede la riallocazione dei diritti di tassazione delle imprese multinazionali più grandi e profittevoli. Una platea di grandi imprese multinazionali per cui il secondo pilastro introduce una tassazione minima effettiva del 15% a livello globale, in ogni giurisdizione in cui operano.
Nella seconda giornata, domani, ci sarà la sessione più complicata, dedicata al clima e alla riduzione delle emissioni, per la quale la bozza finale è in continuo aggiornamento. Il negoziato riguarda l’obiettivo di contenimento della temperatura del pianeta già stabilita dagli accordi di Parigi già in parte disattesi. Secondo la bozza circolata nelle ultime ore, diffusa dall’agenzia Reuters, i membri del G20 dichiarano “l’impegno a mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2°C e di proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5°C sopra i livelli preindustriali”. Un obiettivo che può essere raggiunto solo con la garanzia di raggiungere entro il 2050 la quota di “emissioni zero” di carbonio. Su questo impegno la distanza con i grandi inquinatori come Cina e India è però ancora molto ampia.
Nelle conclusioni rientra anche la promessa delle nazioni ricche di dotare un fondo per 100 miliardi di dollari all’anno di finanziamenti per il clima, che finora non è stata rispettata, generando sfiducia e una riluttanza di alcuni Paesi in via di sviluppo ad accelerare la riduzione delle emissioni. La bozza rinnova così l’impegno congiunto a rispettare l’obiettivo dei paesi sviluppati di mobilitare la somma già prevista entro il 2025 a favore delle nazioni più povere.