Bruxelles – Per ora nessuna autorizzazione, solo il via libera all’ammissibilità della domanda. A Bruxelles l’iter di autorizzazione della domanda della Croazia sul riconoscimento della menzione tradizionale Prosek è ancora a una fase istruttoria e si aspettano le obiezioni formali da parte dell’Italia e altri Paesi che vorranno sostenere la sua causa. “La Commissione non ha approvato questa designazione, ma solo stabilito l’ammissibilità della domanda per lo status protetto”, vuole precisare Michael Scannell dell’Esecutivo europeo, in uno scambio di vedute avuto oggi (26 ottobre) con la commissione Agricoltura (AGRI) dell’Europarlamento.
L’incontro si è reso necessario per fare ordine e chiarezza su una questione che ha infiammato la stampa e la politica italiana. La “Commissione europea è sempre impegnata a garantire la tutela delle denominazioni protette, nel rispetto del quadro normativo europeo”, aggiunge Scannell parlando del prosecco italiano come di uno “dei maggiori successi delle designazioni europee”. “Saremo sempre pronti a sostenere le nostre DOP”.
Ma circa la querelle in corso sul prosecco/Prosek ricorda anche che per ritenere una domanda ammissibile da parte dell’UE sono necessari una serie di criteri da rispettare e la domanda di tutela della Croazia non presentava criticità tali da scartarla a priori. Il solo fatto che il prosecco italiano e il vino croato abbiano parzialmente o lo stesso nome (si parla in questi casi di totale o parziale omonimia) – come sollevato dall’Italia – non è ritenuto da solo un motivo sufficiente per respingere una domanda di ammissibilità. “Se respingessimo la domanda sulla base della sola somiglianza dei nomi e ci facessero ricorso, perderemmo”, ha precisato Scannell, invitando gli eurodeputati a guardare “criticamente e oggettivamente al margine di confusione” che può venire a crearsi tra due prodotti molto diversi tra loro.
Per l’UE termini omonimi possono coesistere a determinate condizioni, in particolare tenendo conto di usi locali e tradizionali diversi e del rischio che il consumatore possa confondersi. Allo studio della Commissione c’è quindi la confusione che la somiglianza dei termini può creare: ma di fatto li considera due prodotti molto diversi con cui è difficile confondersi. “Uno è un vino spumante (il prosecco italiano) mentre il Prosek è un vino dolce da dessert, color ambra e anche la bottiglia ha una forma diversa”, ha aggiunto Scannell, chiarendo che non ci sarà possibilità di approvare in futuro la tutela per un vino frizzante sotto il nome “Prosek”.
Trascorsi due mesi dalla pubblicazione in Gazzetta (avvenuta il 27 settembre), la Commissione dovrà arrivare a una decisione sull’autorizzazione con un regolamento di esecuzione. “Sosteniamo il quadro normativo e cerchiamo di non minare gli interessi dei produttori di prosecco, siamo certi di poter arrivare a una buona conclusione per tutti”, ha concluso.
Timori all’Europarlamento
L’Italia non ci sta e si è già espressa in difesa del suo Made in Italy. Un’opposizione che è stata ribadita anche oggi di fronte a Scannell dagli eurodeputati italiani. “Non possiamo tollerare che la denominazione protetta ‘Prosecco’ diventi oggetto di imitazioni e abusi, in particolare nell’Unione europea”, hanno detto Paolo De Castro e Herbert Dorfmann, coordinatori dei gruppi S&D e PPE alla commissione AGRI. Ricordano che il regolamento europeo sull’Organizzazione comune dei mercati agricoli stabilisce che tutto il sistema di denominazione d’origine debbano “essere tutelate da ogni abuso, imitazione o evocazione, anche quando il nome protetto viene tradotto in un’altra lingua. Senza contare che, al momento della sua adesione all’Ue, la Croazia non aveva chiesto la protezione della denominazione ‘Prosěk’, consapevole del fatto che fosse in conflitto con la tutela riservata al nostro Prosecco”.
La querelle ha infatti radici abbastanza lontane, si inquadra nei negoziati di adesione della Croazia all’UE a cui ha aderito nel 2013. La domanda di tutela avanzata è per la menzione tradizionale, non è una richiesta di tutela per la denominazione d’origine (DOP), ma un nome aggiuntivo da mettere quattro a tipologie di etichette croate, a indicare una tipologia di vino liquoroso. Il rischio di un via libera da parte dell’UE, secondo i deputati, è quello di far passare il messaggio “pericoloso che la protezione di Dop e Igp nell’Unione possa essere facilmente aggirata tramite altri schemi, come le menzioni tradizionali, e indeboliremmo la posizione dell’Ue nel quadro di negoziati commerciali con Paesi terzi”. Anche per Mara Bizzotto, esponente della Lega, il termine Prosek non è altro che “la traduzione del termine prosecco”. Pur riconoscendo che è “un vino diverso, che viene imbottigliato in bottiglie diverse, il nome è simile e l’assonanza del termine c’è quindi” può creare confusione “al consumatore”. Sottolinea ancora di dover fermare questa “richiesta di ammissibilità perché altrimenti creeremo un precedente pericoloso su tante altre IGP”. Un pensiero che si fa largo non solo tra deputati italiani. “Potrebbe capitare anche ad altri Paesi”, ha sostenuto Irène Tolleret, eurodeputata francese di Renew Europe, secondo cui è importante trovare il giusto compromesso per tutelare tutte le parti coinvolte nel caso.
Un caso che si aggiunge a quello dell’aceto sloveno. Il governo di Roma ha notificato il 4 marzo scorso a Bruxelles l’atto formale di opposizione all’adozione da parte della Slovenia della norma sulla produzione e commercializzazione di aceti che introdurrebbe l’uso della denominazione “aceto balsamico” per qualsiasi miscela d’aceto di vino con mosto concentrato. L’Unione Europea riconosce all’aceto balsamico prodotto a Modena la denominazione di origine protetta (DOP) e le indicazioni geografiche protette (IGP) contro le contraffazioni, ma la tutela non si estende alle due componenti non geografiche prese separatamente, “aceto” e “balsamico”. A questo cavillo si appella la Slovenia per usare la denominazione come uno standard di prodotto.