ha collaborato Rodolfo Fabbri
Bruxelles – La consapevolezza di averci provato, la convinzione di aver lavorato bene, la sensazione e il timore di non aver fatto abbastanza. Angela Merkel dice “Auf Wiedersehen”. In quella che è con ogni probabilità la sua ultima conferenza stampa di un Consiglio europeo, la cancelliera tedesca non può fare soffermarsi su ciò che è stato, e su ciò che potrebbe.
“Questo e’ stato forse il mio ultimo Consiglio europeo. Per me e’ sempre stato un piacere“. Parole non casuali, di chi ha sempre investito nell’Europa. Una dichiarazioni europeista in tempi di euro-scetticismo. Rispondendo a una domanda su Polonia e Ungheria, alleati in senso più sovrano che europeo, Merkel sintetizza come meglio non potrebbe la logica dell’Europa e l’arte del compresso. “Dal mio punto di vista, ho cercato di risolvere i problemi e se gli altri la vedono diversamente, ovviamente devo conviverci”.
Fino all’ultimo Merkel rimane sé stessa. Ricerca del consenso, atteggiamento morbido verso i vicini orientali, scarsa propensione per gli strappi. Come nei suoi precedenti 106 meeting europei, queste sono state le priorità della Cancelliera, anche nel suo ultimo vertice.
Alla fine dei lavori, due giorni più intensi del previsto, Merkel si sofferma a lungo sulla questione dello stato di diritto in Polonia. Su questo ha lavorato anche fuori dalla sala riunioni, avendo avuto, come tiene a precisare, un incontro bilaterale con il primo Ministro Mateusz Morawiecki, e con il presidente francese Emmanuel Macron. Nel suo ragionamento con la stampa, la leader tedesca distingue la questione dell’indipendenza della magistratura, di capitale importanza perché pilastro base dell’Unione europea, dall’interpretazione della dicitura contenuta nei Trattati “unione sempre più stretta tra i popoli europei”, che è legittimamente diversa tra i vari Stati membri. Se sulla prima non si può transigere (ma è meglio portare Varsavia ad agire attraverso il dialogo piuttosto che attraverso le sanzioni), sulla seconda per Merkel bisogna avere comprensione.
La Cancelliera ha ricordato come i Paesi dell’Unione abbiano avuto una differente parabola storica, ed è perfettamente comprensibile che gli Stati membri che hanno riacquisito la propria completa sovranità solo con la fine della Guerra Fredda siano più gelosi nel mantenerla. Ma avverte a non smarrirsi.
Ammette che lascia la guida della Germania e il suo ruolo in Europa “in un momento in cui c’è motivo di preoccupazione”, e anche più di uno. “Abbiamo superato molte crisi ma abbiamo una serie di problemi irrisolti” che rischiano di segnare il progetto di integrazione. Uno di questi è certamente il nodo dei richiedenti asilo.
Sul tema delle migrazioni, Merkel punta il dito contro il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, accusato di “strumentalizzare i migranti per i propri interessi”, mentre sottolinea l’importanza della frontiera con la Turchia, altra storica area critica per la pressione migratoria. Riguardo il commercio internazionale, la Cancelliera critica la lentezza della macchina europea. “Per un accordo con un Paese amico come il Canada, ci sono voluti oltre quattro anni. E’ troppo tempo, abbiamo molti accordi ancora da approvare, ma bisogna fare più in fretta”. L’Unione europea deve stare al passo con un mondo in cui la competizione commerciale è sempre più feroce e che è profondamente diverso da quando lei prese per la prima volta le redini del governo di Berlino. “Nel 2005”, ha ricordato, “la Cina aveva un PIL inferiore a quello della Germania. Oggi è quattro volte superiore e si avvia a competere con quello dell’intera Unione europea. Lascio al mio successore delle grandi sfide”.
Riguardo l’altro grande tema sul tavolo, quello dell’aumento dei prezzi dell’energia, Merkel si mostra convinta che questo sia un fatto contingente, per il quale non bisogna prendere misure eccessive. “La transizione ecologica non può essere minata da un temporaneo aumento dei prezzi”, ha sostenuto. E per quanto riguarda il nucleare? “Su questo ci sono opinioni differenti, ma sono sicura che la Commissione farà il possibile per soddisfare il maggior numero possibile di Stati membri. Non è per esempio un segreto che l’opinione della Francia sul tema sia diversa dalla mia”, ha sorriso infine la cancelliera, rispondendo all’ultima domanda della sua lunghissima carriera brussellese.