Bruxelles – Transizione sì, ma senza lasciare indietro nessuno. “Non possiamo permetterci di scegliere tra giustizia sociale e transizione ambientale“, ricorda David Sassoli ai capi di Stato e governo che si incontreranno a Bruxelles oggi e domani (22-23 ottobre) in un Vertice europeo che si annuncia carico di temi ma povero di decisioni. Crisi dei prezzi dell’energia, COVID, digitale ma anche stato di diritto e Polonia. Il presidente dell’Europarlamento ricorda nel suo tradizionale intervento di apertura del Consiglio ai leader che l’Europa deve affrontare “l’impatto sociale potenziale della trasformazione verde e digitale che stiamo avviando e attuare senza indugio i meccanismi di solidarietà che abbiamo previsto per far fronte alle crisi”. Per evitare che a sostenere il costo della transizione siano famiglie e individui più vulnerabili. Questa volta, in via eccezione e per malattia, Sassoli non ha preso fisicamente parte al Vertice, ma ha “raggiunto” i Ventisette capi di stato e governo attraverso un messaggio scritto.
A loro ricorda ancora che l’UE è in ritardo sulla tabella di marcia con l’adozione di nuove risorse proprie dell’Unione – le entrate fiscali dell’UE che dovrebbero ripagare i costi dello strumento di ripresa Next Generation EU -, compreso il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM), o l’ampliamento del sistema di autorizzazione delle emissioni (ETS), su cui una proposta della Commissione è stata promessa entro fine 2021 e ancora non c’è. Per Sassoli però occorre una riflessione più ampia sul futuro della governance economica economica dopo la pandemia di Covid-19, con “una migliore considerazione della sostenibilità della spesa pubblica e su una valorizzazione degli investimenti a favore della transizione ecologica (investimenti verdi) in modo da consentire agli Stati membri di poter effettuare le spese necessarie al Patto verde e alla transizione ecologica”.
Al presidente del Parlamento preme affrontare anche la questione della Polonia, entrata all’ultimo nell’agenda del Vertice dopo la rottura con l’UE sullo Stato di diritto. L’Unione Europea “non è mai stata messa in discussione in maniera così radicale”, afferma Sassoli. Soprattutto mai così tanto da un suo stesso Stato membro e quindi impone una riflessione sul futuro dell’UE. “Credo che su questo punto spetti a voi e a tutti noi di svolgere una riflessione franca e aperta sulla direzione che vogliamo dare alla nostra Unione”, sottolinea ribadendo che le leggi europee “in vigore sono state scritte dalla Polonia insieme a tutti noi, le abbiamo fatte insieme e quindi in nessun modo si può parlare di regole imposte dall’Unione europea”. L’origine dello scontro in corso tra Bruxelles e Varsavia è proprio una sentenza polacca che mette in dubbio il primato del diritto europeo della Corte di giustizia su quello nazionale.
Vista l’inazione della Commissione Europea sul far rispettare i trattati su cui l’UE si fonda, ieri Sassoli ha avanzato una richiesta al “servizio giuridico del Parlamento di preparare un ricorso alla Corte di giustizia in modo da assicurare che la legislazione in vigore venga applicata”. Da dicembre dello scorso anno l’Esecutivo dispone di un nuovo meccanismo di condizionalità per congelare i fondi del bilancio dai Paesi che fuoriescono dal perimetro democratico, ma per ora ha scelto non farvi ricorso. Per l’Europarlamento il ritardo è inaccettabile ed è deciso a trascinare la Commissione in tribunale. “Noi non intendiamo venir meno al nostro ruolo istituzionale in difesa dei principi fondamentali sui quali si fonda l’Unione europea”, prosegue Sassoli. “Sebbene la nostra unità sia giustamente rafforzata dalla nostra diversità, vi è una parte non negoziabile del nostro contratto europeo: i nostri valori di democrazia, libertà, Stato di diritto. Questi valori fanno parte del progetto europeo, tutti noi abbiamo scelto di onorarli aderendo all’Unione europea”.