Bruxelles – Il Green Deal europeo e le energie rinnovabili sono l’unica soluzione a lungo termine all’aumento dei prezzi dell’elettricità che sta dividendo l’Europa. “Dobbiamo accelerare il lavoro sul Green Deal per ridurre la nostra dipendenza energetica” non solo dalle fonti fossili ma anche dai Paesi terzi. A ribadirlo è Ursula von der Leyen aprendo i lavori del Summit sugli investimenti sostenibili 2021, il primo evento annuale della Commissione Europea sugli investimenti sostenibili.
Perché se la transizione è la soluzione giusta anche a shock improvvisi come quello che attanaglia il Continente, le parole vanno accompagnate da azioni concrete e soprattutto da risorse per finanziare gli impegni. Il mondo ha bisogno di massicci investimenti per finanziare la transizione verso un’economia più sostenibile per raggiungere gli obiettivi climatici, che significa riconvertire l’economia, dare spazio a tecnologie pulite e soprattutto spingere su rinnovabili in un mix energetico ancora dominato dai combustibili fossili. Che non solo inquinano ma rendono l’Europa strategicamente debole perché dipendente da Paesi terzi.
Ed è il motivo per cui la Commissione organizza questo evento, per mettere allo stesso tavolo leader politici, commissari, imprenditori e rappresentanti dell’industria che nei prossimi decenni dovranno fare la loro parte investendo nella transizione. “Ogni euro speso per le energie rinnovabili aiuta il nostro pianeta, aiuta ugualmente i consumatori ma è anche un investimento nella resilienza delle nostre economie”, sostiene von der Leyen. L’UE ha già promesso mille miliardi di euro (un trilione) in investimenti sostenibili entro il 2030. “Siamo sulla buona strada”, dice la presidente, solo tra bilancio a lungo termine e recovery plan saranno mobilitati almeno 600 miliardi di euro di investimenti verdi. Per ciò che manca vanno stimolati gli investimenti privati.
Sottovalutare il problema dell’aumento dei prezzi rischia di essere un boomerang per la transizione su cui l’UE spinge attraverso il Green Deal. “Il pericolo è duplice: non fornire il supporto necessario e non riconoscere che questo è un momento difficile”, riconosce Mairead McGuinness, commissaria per i Servizi finanziari, parlando di un certo “nervosismo politico su quanto sta accadendo”. Il rischio è quello di un contraccolpo tanto sociale tanto politico, sta all’UE mantenere gli Stati sulla giusta rotta “verso la sostenibilità”. McGuinnes tratteggia allora la via da seguire, da un lato, proteggere coloro per i quali l’aumento dei prezzi avrà un impatto molto negativo sul modo in cui vivono, dall’altro però non permettere che la crisi attuale freni la transizione. “Manteniamo la rotta, intensifichiamo gli investimenti nelle rinnovabili e in ciò che è sostenibile”.
Necessità di accelerare con la transizione messa in luce anche dal ministro per la transizione ecologica, Roberto Cingolani, intervenuto nello stesso panel questa mattina. Tecnologie, consapevolezza e coscienza climatica, l’UE si mette a capo di una coalizione globale sul clima, ma deve considerare il gap finanziario tra Paesi ricchi e quelli che invece non possono permettersi la transizione. “Come possiamo far fronte ai cambiamenti climatici se non risolviamo prima il problema della disuguaglianza su scala globale?”, domanda nel corso del suo intervento. Qui i soldi pubblici non sono sufficienti, serve anche investitori privati verso investimenti sostenibili.
“Nessuno dei nostri obiettivi può essere raggiunto con le sole iniziative pubbliche o con la sola Europa”, riconosce von der Leyen ma bisogna capire come attrarre i capitali privati verso investimenti sostenibili. Bisogna capire cosa stanno facendo le aziende e come lo stanno facendo”, dice McGuinnes. L’espressione chiave è la Tassonomia verde, il sistema di classificazione dei criteri per riconoscere una attività economica come sostenibile. “Dobbiamo stare attenti a queste questioni non finanziarie, se una azienda sta danneggiando l’ambiente deve cambiare e investire in modo non dannoso”. Alle aziende si chiede chiarezza su come e dove orientare gli investimenti, se non fosse che l’UE stessa non sa bene dove andare a parare con la tassonomia. Se il primo atto delegato riguardante 13 settori è stato già pubblicato, alla Commissione manca da decidere la parte più importante – e più discussa – che riguarda proprio gli investimenti per attività che riguardano il gas ed eventualmente il nucleare. Ed è bene che lo faccia al più presto (un secondo atto delegato è atteso al più tardi a inizio 2022) per rendersi più credibile agli occhi di tutti quelli a cui chiede credibilità e chiarezza.