Bruxelles – Si fa poco, e si fa male. L’Italia che esce fuori dall’ultima relazione della BCE non è propriamente un modello. Al contrario, è un Paese motivo di interventi. Il documento di lavoro dedicato alla crescita nell’eurozona e i suoi problemi di dimensionalità vede il sistema Italia indietro sul piano delle riforme e della capacità di fare credito alle imprese.
Gli esperti della Banca centrale europea non possono fare a meno di riscontrare l’incapacità di ammodernare l’economia nazionale e renderla competitiva. “La crescita del Prodotto interno lordo italiano è stagnante dall’inizio degli anni Novanta”, recita un passaggio del documento. Il Paese fa fatica a crescere. Una bocciatura a tutti i governi che si sono succediti in questi decenni. Ciampi, Dini, Prodi, Berlusconi, D’Alema, Renzi, Monti e tutti gli altri, tutti sotto accusa.
Come se non bastasse, il PIL tricolore “ha registrato la ripresa più debole dopo la crisi finanziaria globale e la crisi del debito sovrano”. Arriva quindi il paragone non casuale. “La Spagna, invece, ha avuto un periodo di boom durato un decennio, alimentato dalle riforme e dall’aumento dell’ampiezza del ciclo del credito“. All’Italia mancano le riforme, e qui il monito implicito è dirompente. La Spagna ha fatto la riforme citate dalla BCE dopo il programma di aiuti e il ‘commissariamento’ alle condizioni poste e imposte dalle istituzioni europee. Meglio interventi statali che la mano dell’Europa in un Paese ancora in difficoltà-
La Spagna, per tornare al raffronto condotto a Francoforte, ha puntato sul credito, vale a dire il finanziamento dell’economia reale. Anche qui l’Italia si fa notare per le sue pecche e i suoi limiti. “I prestiti alle società non finanziarie avrebbero potuto avere un ruolo positivo per la crescita nel lungo periodo”, di questo gli analisti BCE non hanno dubbi. Peccato che “in Italia il credito è allocato in modo meno efficiente che in Francia e in Germania”, Risultato: nel gruppo di Paesi in cui l’Eurotower fa ricadere l’Italia “non vediamo alcun impatto significativo di questi prestiti sulla crescita del PIL”.
Una bocciatura del sistema bancario nazionale e dell’utilizzo di fondi pubblici, concessi a chi non ha saputo farli fruttare per il bene del tessuto economico-produttivo nazionale. Eppure non si ravvisano interventi utili a correggere questo sistema che concedere risorse in maniera inefficiente e lungimirante. Qualcosa su cui si richiama l’attenzione. Un’indicazione per il governo di Mario Draghi.