Sembra ieri di vedere Giuseppe Conte, l’attuale capo politico del M5S, ritornare festoso in patria dopo il maxi-accordo conseguito in seno al Consiglio europeo più lungo della storia da cui è scaturito il piano denominato Next Generation EU. Da quel momento però sono successe diverse vicende che hanno mutato lo status quo della politica italiana. Prima di tutto una crisi di governo voluta da Matteo Renzi, leader di Italia Viva, che ha portato alla detronizzazione di Conte e ha posto in sella al governo Mario Draghi, l’ex Presidente della BCE.
Draghi è stato scelto non tanto per il suo carisma politico ma piuttosto per la sua capacità di tenere i conti in ordine e di gestire sapiente e risollevare la macchina economica italiana che ha toccato i minimi storici con un -8% del Pil durante la pandemia da Covid-19. A Draghi per questo spetta un compito arduo: dare attuazione al PNNR per non rischiare di perdere le numerose tranche che da qui al 2026 daranno ossigeno alle casse italiane.
Per la verità dei 191,5 miliardi che spettano all’Italia, ne sono stati erogati già 24,9 miliardi a titolo di anticipo. Questa prima tranche è andata a sostituire risorse nazionali stanziate nel Bilancio e quindi a finanziare progetti già in fase avanzata. Nello specifico, 1,7 miliardi sono stati utilizzati per coprire importanti investimenti di Rete Ferroviaria Italiana effettuati nel 2020; 1,6 miliardi sono stati utilizzati per finanziare il programma Transizione 4.0; 1.7 miliardi hanno coperto l’investimento di Simest per l’internazionalizzazione delle pmi e circa 1 miliardo sono andati a finanziare l’alta velocità in Liguria e sulla tratta Brescia-Venezia.
Tali investimenti sostitutivi però sono troppo pochi dato che le regole di Next Generation EU prevedono che almeno 15,7 miliardi dei 24,9 miliardi debbano essere spesi entro il 31 dicembre 2021. L’Italia per questo è corsa ai ripari istituendo un Fondo di rotazione triennale mediante il quale i denari italiani verranno sostituiti man mano dai denari europei. Conditio sine qua non per ottenere i finanziamenti resta sempre l’invio alla Commissione europea della rendicontazione semestrale dai cui emergerà il rispetto dei Milestones – obiettivi qualitativi – e dei Targets – obiettivi quantitativi – concordati.
Per questo il governo Draghi rimane lucido ed attento nel far partire l’attuazione del PNRR. Giovedì 23 settembre 2021, Roberto Garofoli, sottosegretario alla presidenza, in sinergia con con Daniele Franco, Ministro dell’Economia, ha esposto la prima relazione di monitoraggio sul Piano Nazionale di ripresa e resilienza. Dalle sedici pagine del documento è emerso attraverso una serie di grafici e tabelle quanto è stato fatto e quanto resta ancora da fare da tutti i ministeri coinvolti nel piano. Alla luce dei Milestones e dei Targets concordati in sede europea sembra che l’Italia per il 2021 abbia completato soltanto tredici obiettivi su cinquantuno.
Tra gli M&T da realizzare rivestono una importanza cruciale quelli legati alla giustizia – la riforma del processo civile, la riforma in materia di insolvenza, le assunzioni nei tribunali civili, penali e amministrativi -, all’economia – riforma della riscossione anti-evasione -, al turismo – varo dell’hub del turismo digitale -, ai trasporti – decreto ministeriale sugli investimenti dei bus elettrici – ed infine al lavoro – varo delle politiche attive sul lavoro con il programma Gol -.