Bruxelles – La società civile europea si mobilita sul Digital Services Act (DSA), la proposta di legge della Commissione Europea sui servizi digitali ora al vaglio di Parlamento e Consiglio dell’UE. Più di 50 organizzazioni (tra cui EUDisinfo Lab, Reporter senza frontiere e The Daphne Caruana Galizia Foundation) hanno firmato una lettera aperta per esortare le istituzioni comunitarie a rivedere la proposta in senso più stringente per quanto riguarda la lotta alla disinformazione online, le responsabilità e il controllo democratico.
“L’Unione è stata attenta alle sfide della disinformazione, ma ha evitato di intraprendere azioni che avrebbero portato a una significativa responsabilità delle piattaforme”, hanno sottolineato i firmatari. “Non possiamo sostenere lo status quo del processo decisionale arbitrario delle piattaforme, che varia di mese in mese e di Paese in Paese”, né “affrontare i disordini dell’informazione attraverso un approccio di pura moderazione dei contenuti”. Un problema che coinvolge la libertà di espressione e di informazione (“la disinformazione rende più difficile l’accesso a informazioni tempestive, rilevanti e accurate”) e i diritti civili e politici (“le campagne strategiche di disinformazione offuscano la linea tra l’attivismo di base e l’inganno fabbricato”).
Il Digital Services Act viene visto dalle 50 organizzazioni come “un’opportunità d’oro” per affrontare la disinformazione attraverso “un approccio basato sui diritti“. In questo senso sono stati presentati alcuni suggerimenti per migliorare la proposta, “senza cambiarla drasticamente”, dal momento in cui “sono già contenute al suo interno una serie di aspetti positivi”: dalle salvaguardie per prevenire l’eccessiva rimozione di contenuti alla necessità di affrontare i rischi sistemici legati alla manipolazione delle informazioni. Tuttavia “questo non è sufficiente” e viene richiesto un maggiore sforzo in sei aree su cui le commissioni del Parlamento Europeo stanno intervenendo attraverso emendamenti.
Prima di tutto, devono essere attribuite maggiori responsabilità alle piattaforme per “azioni e inazioni arbitrarie” (aspetto su cui le Big Tech si stanno opponendo con un’intensa campagna di lobbying). È poi necessaria una trasparenza “significativa”,sugli archivi di termini e condizioni di utilizzo delle piattaforme, gli annunci degli inserzionisti, target e pubblico di riferimento. Sul piano delle valutazioni del rischio, le organizzazioni chiedono che vengano segnalati tutti quelli delle piattaforme online, “non solo quelli più più evidenti e ricorrenti”.
Per quanto riguarda l’accesso ai dati, “società civile e giornalisti devono potersi qualificare come ricercatori verificati per accedere ai dati delle piattaforme”, mentre agli informatori dovrebbe essere fornito un “riconoscimento speciale” per il loro ruolo nel chiedere conto alle piattaforme dei contenuti pubblicati. Ultima, ma non per importanza, l’istituzione di un comitato europeo di supervisione come organismo indipendente e “dotato di risorse adeguate per supervisionare l’attuazione del DSA” insieme a esperti della società civile.