Bruxelles – Sostegno ai Paesi vicini e protezione dei confini esterni dell’UE: è questa la risposta comune alla crisi in Afghanistan e al possibile impatto sulla situazione migratoria e di sicurezza nell’UE, su cui gli Stati membri hanno concordato oggi (31 agosto) durante la riunione straordinaria dei ministri europei degli Interni, convocata dalla presidenza di turno di Slovenia nel giorno che segna anche l’uscita di scena di Stati Uniti e alleati occidentali da Kabul dopo vent’anni di presenza sul territorio.
Pochi giorni dopo la chiusura dei corridoi umanitari, i ministri europei degli Interni si incontrano dal vivo e concordano sulla necessità di intensificare gli aiuti all’Afghanistan e ai suoi Paesi vicini per evitare una crisi umanitaria, ma senza concordare una politica comune sull’accoglienza dei richiedenti asilo in fuga dal regime talebano. Concordi che per ora non si debba chiedere agli Stati alcun impegno per l’accoglienza di chi vuole fuggire da Kabul: priorità è data dal fare di tutto per evitare un’ondata migratoria lavorando sul territorio ed evitare anche una recrudescenza del terrorismo in loco. L’UE e gli Stati sono “determinati ad agire congiuntamente per prevenire il ripetersi di movimenti migratori illegali su larga scala incontrollati affrontati in passato, preparando una risposta coordinata e ordinata”, si legge nel testo delle conclusioni, che evoca senza dirlo la crisi migratoria del 2015 quando più di un milione di persone arrivarono dalla Siria e da altri paesi in UE, incontrando la resistenza di molti Stati membri.
Una resistenza che si incontrerebbe anche oggi, come è stato chiaramente espresso nei giorni scorsi da molti Paesi europei, in primis la Slovenia presidente di turno dell’UE. “Siamo qui per proteggere i nostri confini”, ha esordito in conferenza stampa il ministro sloveno Aleš Hojs che ha presieduto la riunione. Anche oggi Austria, Danimarca e Repubblica ceca hanno guidato la resistenza contro un dibattito di più ampio respiro sull’accoglianza e impegni più concreti su eventuali ricollocamenti. A quanto emerso solo il ministro del Lussemburgo, Jean Asselborn, ha chiesto modifiche alla bozza di conclusioni per inserire riferimenti più precisi sui reinsediamenti dei profughi, senza ottenerli. “Dobbiamo offrire una speranza a queste persone, siamo una regione ricca, e possiamo accogliere molte persone, non tutte, ma molte”, ha detto il ministro entrando alla riunione.
La strada da percorrere è quella di evitare incentivi all’immigrazione clandestina, ma rafforzare il sostegno ai paesi nelle immediate vicinanze dell’Afghanistan per garantire che coloro che “ne hanno bisogno ricevano un’adeguata protezione principalmente nella regione”, proseguono le conclusioni. Gli Stati sono concordi che nessuno vuole una nuova crisi migratoria come quella del 2015 e quindi l’obiettivo rimane quello di gestire i flussi a livello attraverso una collaborazione globale, ma all’interno della regione, a partire dal sostegno ai Paesi limitrofi, senza parlare dell’accoglienza in UE.
“L’unica via per evitare una crisi migratoria sulla scia di quella del 2015 è quella di evitare una crisi umanitaria, ed è per questo che dobbiamo proteggere gli afghani in Afghanistan”, riassume la commissaria europea agli Affari Interni, Ylva Johansson, in conferenza stampa al termine della riunione. Per la commissaria l’accordo tra gli Stati sulle conclusioni “è un buon risultato”, sintomo che i Paesi europei sono in grado di prendere decisioni anche in materia di migrazione, nonostante lo stallo della durata di un anno sul nuovo patto per l’immigrazione e l’asilo presentato dalla Commissione lo scorso 23 settembre. A detta della commissaria, da “molti Stati membri è emersa la necessità di fare progressi sul nuovo patto per le migrazioni e l’asilo”.
Ampio spazio nelle conclusioni alla necessità di proteggere insieme a Frontex le frontiere esterne dell’UE, a prevenire gli ingressi non autorizzati e ad assistere gli Stati membri più colpiti. Il ministro sloveno precisa in conferenza stampa che i confini esterni dell’UE non sono chiusi, ma si può raggiungere il Continente solo attraverso canali legali. C’è poi la questione sicurezza che non è solo quella dell’Unione europea ma significa evitare che l’Afghanistan diventi un luogo sicuro per gruppi terroristici. “Tutti gli sforzi devono essere perseguiti per garantire che il regime dei talebani cessi tutti i legami e le pratiche con il terrorismo internazionale e che l’Afghanistan non diventi ancora una volta un santuario per terroristi e gruppi criminali organizzati”, si legge nelle conclusioni.
Gli Stati membri hanno già evacuato il loro personale in loco e gran parte delle persone che in questi anni hanno collaborato con loro. Ora la questione è capire se e in che modo estendere la possibilità di richiedere l’asilo in Europa anche ad altri gruppi considerati più vulnerabili al regime talebano. “Il reinsediamento non è la soluzione alla crisi afghana”, afferma ancora la commissaria ma ci “sono individui che hanno bisogno di aiuto per arrivare in sicurezza, nell’Unione europea e in altri Paesi e questo è importante”. Il reinsediamento sarà al centro di un Forum di alto livello convocato da Johansson che si terrà a settembre per trovare “soluzioni sostenibili per chi è più vulnerabile, soprattutto donne”, annuncia la commissaria con un tweet. Per la commissaria i Ventisette dovrebbero accogliere donne, bambini, giudici, giornalisti e attivisti per i diritti umani afgani attraverso canali legali, vagliando tutte opzioni sul tavolo.
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…and children, but also human rights activists, journalists, lawyers.
We will cooperate together with the other global leaders on a coordinated approach to safe and legal routes for resettlement.#MigrationEU #JHA @EU2021SI @EUCouncilPress— Ylva Johansson (@YlvaJohansson) August 31, 2021
Al Forum dedicato al tema del reinsediamento dei profughi afgani fa cenno anche il ministro italiano, Luciana Lamorgese, in un punto stampa al termine dei lavori del Consiglio straordinario. “E’ stata manifestata da parte di tutti i Paesi la piena disponibilità a un approccio ordinato e completo di quelli che sono i flussi da parte degli afgani e quindi la disponibilità di tutti i Paesi a partecipare anche all’accoglienza di persone che fuggono da situazioni difficili”, ha spiegato parlando ai giornalisti.