Le criptovalute, e soprattutto il Bitcoin, sono diventate alla portata di tutti e stanno registrando un successo sempre crescente. Sono sempre di più gli investitori che scelgono di dedicarsi al trading di Bitcoin e delle altre criptovalute. Ma viene da chiedersi quali siano le regole previste in Europa per quanto riguarda gli scambi della criptovaluta.
In questo articolo capiremo qual è il regolamento europeo sulle criptovalute e sui guadagni degli investitori, i limiti e quali sono le normative che in futuro potrebbero essere introdotte.
Cos’è il Bitcoin e come funziona
Era la fine del 2008 quando un anonimo inventore, noto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto, sviluppò la prima criptovaluta al mondo.
Ad oggi il Bitcoin è la valuta virtuale più famosa e popolare al mondo, arrivando a valere anche 50.000 dollari.
Ma per dare una definizione di Bitcoin possiamo dire che si tratta di una moneta virtuale, priva di monete fisiche o banconote, che può essere scambiata e spesa per effettuare acquisti.
È una valuta decentralizzata, perciò non esiste un server centrale ma la rete è gestita dai nodi server ed il valore del bitcoin dipende solamente dal valore di domanda e offerta, e non è emesso da governi o banche centrali.
Ogni utente ha un codice identificativo che rende la rete anonima. Si tratta, inoltre, di una rete crittografata che segue regole precise che garantiscono l’univocità della catena.
Il regolamento dell’Unione Europea
Bisogna prima di tutto premettere che i regolamenti sulle criptovalute, e quindi anche sul Bitcoin, possono variare in base allo stato membro e in conformità con l’Autorità bancaria europea (EBA), la Commissione europea (CE), la Banca centrale europea (BCE), l’assicurazione e le pensioni europee (EIOPA) e l’Autorità di vigilanza europea per i titoli ( ESMA).
Nonostante questa precisazione, le criptovalute in generale sono considerate legali in tutta l’Unione Europea.
Sono, invece, le normative relative agli scambi a variare nei singoli stati membri, così come la tassazione sulle criptovalute.
La maggior parte degli Stati membri applica un’imposta sulle plusvalenze sui profitti derivati dalle criptovalute a tassi dello 0-50%.
Inoltre, nel 2015, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che gli scambi tra valuta fiat e criptovalute dovrebbero essere esenti da IVA in quanto le criptovalute costituiscono servizi e non beni.
Trading di Bitcoin in Europa
Il Bitcoin rappresenta un’importante fonte di guadagno, sia nel caso dell’attività di mining sia per gli investimenti.
Riguardo a questi ultimi, sono tantissime ad oggi le piattaforme di exchange che permettono di fare trading scambiando valute fiat in criptovalute, ma anche criptovalute in altre criptovalute, generando profitto sulle variazioni del prezzo.
All’interno dell’Unione Europea le criptovalute sono considerate come strumenti finanziari qualificati, anche detti QFI. In più, le normative europee consentono a banche, società di credito o di investimento di detenere, acquisire un’esposizione o offrire servizi in criptovalute.
Gli scambi che si occupano di QFI sono poi regolamentati a livello regionale. Tuttavia, le imprese sono tenute a rispettare un’ampia gamma di normative e normative dell’UE, tra cui AML/CTF sull’antiriciclaggio e antiterrorismo, CRD/CRR con i requisiti patrimoniali per il settore bancario, EMD2 sui servizi di pagamento, MiFID II sui servizi finanziari e PSD2 sui pagamenti digitali.
Per tale motivo sono tante le piattaforme exchange che possono essere utilizzate sul territorio europeo per il trading di Bitcoin e delle altre criptovalute, come nel caso di Avatrade, eToro, Coinbase e tante altre.