Bruxelles – Precipitazioni fino a nove volte più probabili e alluvioni fino al 19 per cento più intense: sono alcuni degli effetti della crisi climatica che il mondo sta affrontando dovuta a un aumento della temperatura della terra. Come se non fosse già abbastanza chiaro che gli eventi metereologici estremi che hanno coinvolto l’Europa occidentale a metà luglio sono in parte connesse al cambiamento climatico, a confermarlo oggi (24 agosto) è uno studio pubblicato dal consorzio scientifico World Weather Attribution (WWA) che ha analizzato le forti piogge che hanno portato a gravi inondazioni in Europa occidentale, rese più probabili e intense – secondo le conclusioni – proprio dai cambiamenti climatici.
La grave alluvione che ha coinvolto in particolare Belgio, Germania e Paesi Bassi- causata da forti precipitazioni per una durata di soli due giorni – ha provocato più di duecento morti: 184 vittime in Germania e 38 in Belgio e notevoli danni alle infrastrutture, comprese case, autostrade e linee ferroviarie, ponti e fonti di reddito fondamentali. Le chiusure stradali hanno lasciato alcuni luoghi inaccessibili per giorni, tagliando fuori alcuni villaggi dalle vie di evacuazione e dagli interventi di emergenza.
Secondo gli scienziati che hanno condotto la ricerca, l’intensità delle piogge poi diventate inondazioni è stata con certezza aggravata anche dai cambiamenti climatici: un giorno di pioggia può essere oggi fino al 19 per cento più intenso nella regione di quanto sarebbe stato se le temperature atmosferiche globali non fossero aumentate di 1,2 gradi rispetto alle temperature preindustriali. Questo – spiegano gli scienziati – perché l’aria più calda tende a trattenere più umidità, e quindi gli acquazzoni estivi in questa regione sono ora più pesanti di quanto sarebbero senza il riscaldamento globale.
Ma aumenta fino a nove volte anche la probabilità che eventi catastrofici di queste dimensioni si verifichino oggi rispetto a un clima più fresco di 1,2 °C. Il rapporto si spinge anche oltre: se oggi gli studi fanno riferimento a un surriscaldamento terrestre di poco più di un grado, la prospettiva di un clima più caldo di 2° rispetto all’epoca preindustriale suggerisce che l’intensità potrebbe aumentare fino a 6 punti percentuali e la probabilità di un ulteriore 1,4. Questo è lo scenario che i leader internazionali stanno cercando di scongiurare, in primis l’Unione Europea che ha fissato al 2050 il termine ultimo per raggiungere la neutralità climatica (zero emissioni di gas serra nuove nette). Per la stessa ragione sta cercando di portare sulla stessa strada i partner internazionali, e l’appuntamento internazionale della COP 26 di Glasgow (la conferenza sul clima delle Nazioni Unite) che si terrà a novembre sarà decisivo per prendere un impegno concreto.
Gli scienziati che hanno redatto il rapporto concludo che eventi come questo “si verificheranno più frequentemente in futuro”, e dunque esaminare come ridurre la vulnerabilità e l’esposizione diventa fondamentale per ridurre gli impatti futuri. L’analisi ha coinvolto geograficamente parti di Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo e Svizzera.