Bruxelles – Agosto non di completo riposo per la Commissione europea, che nelle scorse settimane ha iniziato a erogare i primi pre-finanziamenti del Recovery Fund verso 8 Stati membri dell’UE: Italia, Grecia, Belgio, Lussemburgo, Portogallo, Lituania, Spagna e Francia. Dall’Unione europea iniziano ad arrivare i primi soldi a sostegno della ripresa post-pandemia, che per l’Italia vuol dire 24,9 miliardi di euro, pari al 13 per cento dell’importo totale stanziato tra sovvenzioni e prestiti nel quadro di Next Generation EU.
Il bilancio pluriennale (QFP 2021-2027) è partito in tempo a gennaio, così come pochi mesi dopo la Commissione europea è andata sui mercati a emettere debito per finanziare il Next Generation EU, il fondo da 750 miliardi di euro tra prestiti e sovvenzioni per finanziare la ripresa dei Ventisette. Senza che però sia ancora stabilito il meccanismo pensato per proteggere queste risorse da chi si allontana dal perimetro della democrazia e dal rispetto dello stato di diritto, il cosiddetto meccanismo di condizionalità che dovrebbe legare le risorse del bilancio al rispetto dei valori europei. E il Parlamento europeo è pronto a non lasciar passare in sordina la cosa.
L’attuazione del meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto – che ha tenuto sulle spine per mesi le trattative tra Parlamento e Consiglio sul bilancio pluriennale – è in alto mare: in linea di principio è ufficialmente in vigore dal primo gennaio (insieme al quadro finanziario pluriennale 2021-2027) ma nella realtà dei fatti non lo è davvero perché mancano le indicazioni, le linee guida su come realizzarlo e farlo funzionare. “Siamo ancora nel mezzo di un processo di consultazione con il Parlamento europeo e gli Stati membri per finalizzare le linee guida su come applicare il meccanismo”, ha ammesso un portavoce della Commissione europea durante il briefing con la stampa lo scorso 17 agosto, non volendo (se anche sollecitato) spingersi nel rivelare se ci siano attualmente dei casi sotto la lente di Bruxelles, ad esempio Ungheria o Polonia. La consultazione – a detta del Berlaymont – è cominciata a giugno e “dura 10 settimane e dovrebbe concludersi all’inizio di settembre”. I tempi non sono certi, come non sono certe le modalità con cui potrebbe essere organizzato. Bruxelles è in attesa di feedback – spiega – “che prenderemo in considerazione e finalizzeremo le linee guida in quella luce. Prevedibilmente, entro i primi giorni dell’autunno”, ha aggiunto.
La Commissione Europea dice di essere in contatto con le altre due istituzioni per mettere a punto il meccanismo, ma il Parlamento ha chiarito a più riprese nel corso dei mesi scorsi che non è disposto a giustificare ulteriori ritardi. Lo scorso 23 giugno il presidente dell’Europarlamento, David Sassoli, ha scritto una lettera molto dura alla presidente Ursula von der Leyen per richiamarla ai suoi doveri di ‘garante dei Trattati’ appellandosi all’articolo 265 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e di fatto compiendo un primo passo formale verso una causa contro la Commissione europea alla Corte di Giustizia se non verrà applicato il meccanismo dello stato di diritto alle sovvenzioni dell’UE. Con lettera del presidente del Parlamento Sassoli, la Commissione europea è stata invitata ad applicare immediatamente questo meccanismo, con un tempo di due mesi (ex art. 265) per rispondere alla richiesta del Parlamento.
Oggi (23 agosto) l’eurodeputata di Renew Europe, Sophie in ‘t Veld, ricorda in un tweet che domani è la “deadline” ufficiale per l’applicazione del regolamento. Lo step successivo “è portare la questione sul tavolo della Corte di Giustizia per inadempienza da parte della Commissione”, ma ancora non è chiaro se il Parlamento andrà fino in fondo.
https://twitter.com/SophieintVeld/status/1429792178222600201?s=20
Il meccanismo di condizionalità è parte centrale del pacchetto di ripresa dalla crisi post-coronavirus ed è stato introdotto con l’obiettivo di sospendere o ridurre i finanziamenti dell’UE agli Stati membri con particolare attenzione alle irregolarità finanziarie. Molto osteggiato da Paesi come Ungheria e Polonia – che per settimane l’anno scorso hanno tenuto in ostaggio tutto il bilancio pluriennale dell’UE – alla fine è passato con un compromesso secondo cui sarebbero stati necessari ulteriori chiarimenti giuridici da parte della Corte di giustizia europea (CGCE), che finora non sono ancora arrivati. Sulla carta, il regolamento che istituisce il meccanismo prevede che i pagamenti del bilancio dell’UE possano essere sospesi per i Paesi UE in cui sono state accertate violazioni dello Stato di diritto che compromettono la gestione dei fondi UE, purché Bruxelles monitori che a risentirne non siano i diretti beneficiari delle risorse, come cittadini e ong.