Bruxelles – In linea di principio tutti d’accordo, ma le proposte della Commissione per il contrasto al riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo trovano le perplessità dei Ventisette. Bisognerà lavorarci, per trovare quel “compromesso accettabile” per tutti, da un po’ tutti invocato nel corso della videoconferenza straordinaria del consiglio Ecofin.
I ministri dell’Economia e delle finanze degli Stati membri hanno iniziato a mettere sul tavolo tutte le perplessità di una proposta che tocca le diverse sensibilità dei vari governi. Austria e Francia chiedono di ripensare il tetto ai pagamenti in contanti. Il team von der Leyen lo ha fissato a 10mila euro. Vienna ricorda che i pagamenti in contanti sono “un argomento sensibile”, che riguarda “il senso di libertà” di cui la società è particolarmente gelosa. Chiede quindi di rimuovere i tetti obbligatori. Un problema, visto che l’UE vorrebbe regole uguali per tutti. Parigi invece vorrebbe ridurre il tetto massimo di 10mila euro, abbassare dunque la soglia in nome della sicurezza.
Emmanuel Moulin vuole inoltre combattere l’anonimato nell’utilizzo delle cripto-valute, fissando soglie di controllo “già a 0 euro”, mentre sul tipo di approccio che l’UE deve tenere con i Paesi terzi non collaborativi, la Francia suggerisce di guardare al tipo di transazione. Su tutto questo la presidenza francese dell’UE, al via l’1 gennaio, intende raggiungere il compromesso che oggi non appare alla portata. Per Emmanuel Macron, che cerca la conferma alla presidenza della Repubblica, sarebbe un buon risultato da spendere in campagna elettorale.
Per il Belgio e il Lussemburgo il vero problema è quello della governance della nuova Autorità per la lotta al riciclaggio di denaro (AMLA), l’autorità centrale di coordinamento delle autorità nazionali. Per il ministro belga Vincent Van Peteghem serve un sistema per cui “nella nuova Authority sia ascoltata la voce di tutti gli Stati membri”. Se l’organismo deve essere indipendente, si vuole un meccanismo di garanzia. Richieste analoghe arrivano da Pierre Gramegna. Il Lussemburgo vuole “un’AMLA indipendente in cui ognuno si senta a proprio agio, e qui la governance sarà un elemento fondamentale”. La Germania, sul tema, pone l’accento sul posizionamento dell’organismo che verrà. Berlino chiede “una location forte”, aprendo di fatto la corsa per accaparrarsi l’Authority.
Gli Stati membri hanno deciso che le agenzie europee di nuova creazione dovranno essere ospitate negli Stati membri che ancora non hanno alcun organismo comunitario sul proprio territorio nazionale. Allo stato attuale non ci sono organismi comunitari in Croazia, Bulgaria, Romania, Cipro (nella cartina non figura Bratislava, a cui è stata assegnata l’Autorità europea del lavoro, ancora non attiva). E’ in uno di questi Paesi che teoricamente andrebbe posizionata l’AMLA. La posizione tedesca sembra dunque rimettere in discussione l’accordo politico.
Italia, Spagna e Ungheria insistono sulla necessità di cooperazione tra la futura autorità europea e quelle nazionali. In particolare Budapest vuole che questa cooperazione “non riduca i poteri delle autorità nazionali”. Cooperazione sì, dirigismo europeo no. La cabina di regia europea va bene, ma si vuole evitare che la decisione finale non venga presa a livello sovra-nazionale. Inoltra Madrid chiede più tempo per lavorare al dossier. Se l’idea è di tornare sull’argomento l’1 settembre, quando torneranno a riunirsi gli ambasciatori in sede di Coreper, “quindici giorni in più per noi” al fine di trovare una migliore posizione negoziale si rendono necessari, sottolinea il ministro delle Finanze spagnolo.
I Paesi Bassi vogliono invece obblighi per imprese e operatori finanziari. In quanto principali attori sulla scena, sottolinea Michel Heijdra, questi “devono fornire e condividere le informazioni”. La Lettonia sposa il punto di vista degli olandesi, e chiede di intervenire sul settore finanziario e sul settore non finanziario.
Il Portogallo ancora non mostra le carte in tavola. João Nuno Mendes si limita a dire che il governo sta ancora analizzando la proposta, che “a prima vista sembra andare nella giusta direzione”, ma non esplicita quelle che possono essere le perplessità di Lisbona.