Ormai già lontano da ogni clamore mediatico, con i giornali di tutta Europa concentrati sulle elezioni europee e sulle ipotesi sul chi sarà il suo successore, il presidente della Commissione europea ha pronunciato quello che afferma sia il suo “testamento politico”. Lo ha fatto con un discorso alla Humboldt Universität di Berlino dal titolo (poco originale) di “Riflessioni sul presente e sul futuro dell’Unione europea”, José Manuel Barroso ha stilato un breve bilancio dei suoi dieci anni alla guida dell’esecutivo comunitario e ha parlato dei futuri passi da intraprendere per portare a compimento l’integrazione europea.
In un discorso anche accademico, in cui ha citato Konrad Adenauer, Vaclav Havel e Friedrich Hölderlin, ma che non non si può definire brillante, Barroso ha parlato degli “sviluppi degli ultimi dieci anni, sia quelli positivi sia quelli negativi” che sono stati “davvero straordinari” ma soprattutto delle “nuove sfide che siamo chiamati ad affrontare”. Guardando al passato il Presidente ha rivendicato, con un certo ottimismo, il fatto che “le tensioni pur emerse, tra Nord e Sud, tra ricchi e poveri, tra paesi debitori e paesi creditori, tra il centro e la periferia, frammentassero l’Europa”, mentre anzi “ora più che mai nella nostra storia recente siamo sulla strada verso un approfondimento dell’Unione economica e monetaria, nel pieno rispetto dei principi che salvaguardano l’integrità dell’Unione europea nel suo insieme”. E con ancora maggiore ottimismo ha aggiunto che “i Paesi più colpiti dalla crisi stanno reagendo in modo eccezionale”, Irlanda, Spagna e Portogallo “hanno compiuto notevoli progressi”, il Portogallo “ha annunciato l’uscita dal programma di aiuti senza chiedere ulteriore assistenza all’Unione europea” e anche “Grecia e Cipro, nonostante tutte le difficoltà, sono sulla buona strada”.
Guardando al futuro ha affermato che “la crisi economica e finanziaria ha dimostrato, in particolare, l’assoluta necessità di migliorare la governance della zona euro per garantire la sostenibilità a lungo termine della moneta unica”. In una fase in cui l’euroscetticismo continua a crescere per il Presidente “la legittimazione dell’Europa deve venire dai risultati” e questi ultimi “possono essere raggiunti soltanto se si continuerà a porre l’accento sull’innovazione e sulle riforme: riforma delle nostre strutture economiche, delle pubbliche amministrazioni, dei mercati del lavoro, del mercato interno, delle politiche in materia di energia e di clima, e così via”.
Per raggiungere questi obiettivi l’Unione europea deve cambiare perché “esiste una carenza di governance” con gli Stati membri che “non sono più in grado di offrire da soli ai cittadini quello di cui essi hanno bisogno” mentre nel contempo “le istituzioni europee non dispongono ancora di tutti gli strumenti necessari per farlo”. E per dotarsi di questi strumenti si deve puntare a una più forte leadership che “significa assunzione di responsabilità e non seguire tendenze popolari o populistiche”. Secondo Barroso le nuove dinamiche elettorali con la designazione dei partiti dei candidati alla Presidenza della Commissione (“pur riconoscendo i limiti di questa iniziativa” specifica) potrebbero “rafforzare la natura europea di queste elezioni”. E su questo punto il Presidente lancia le sue due proposte più forti, ovvero che “a medio termine la carica di vicepresidente della Commissione responsabile degli Affari economici e monetari e dell’euro potrebbe essere fusa con quella di presidente dell’Eurogruppo”, e infine “la fusione della carica di presidente della Commissione europea con quella di presidente del Consiglio europeo”.