Bruxelles – Certificato digitale Covid dell’UE, si parte. Nel senso letterale del termine, perché da oggi il pass europeo entra in funzione in tutti gli Stati membri per facilitare gli spostamenti ed evitare confusione con le restrizioni ai confini, come test, quarantene o isolamenti all’arrivo quando si viaggia tra i 27 paesi dell’UE e i quattro Paesi associati all’area di libera circolazione Schengen (Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein). Almeno sulla carta, perché ogni governo rimane padrone delle regole di entrata e uscita dal proprio Paese.
Il codice QR contenuto nel certificato consente ai viaggiatori di dimostrare di essere vaccinati contro il Covid-19 con uno dei vaccini autorizzati in UE (BioNTech- Pfizer, Moderna, AstraZeneca, Johnson&Johnson), negativi a un tampone recente (molecolare PCR o rapido, a seconda di come decidono gli stati) o guariti dalla malattia con prova di anticorpi. E’ la scommessa dell’Unione Europea per ridare vitalità al settore turistico europeo facilitando la mobilità delle persone, soprattutto per quelle economie che più ne dipendono, in primis l’Italia ma anche Grecia (da cui l’idea di un passaporto vaccinale ha preso forma) alla Spagna, passando per la Croazia.
La maggior parte degli Stati membri ha già iniziato a emettere i certificati nelle scorse settimane, ma oggi il regolamento entra ufficialmente in vigore e lo sarà per i prossimi 12 mesi. Gli Stati in autonomia possono decidere di renderlo valido per meno tempo: quello italiano, per esempio, lo sarà solo per nove mesi. “Abbiamo assistito a uno sviluppo molto buono in tutti gli Stati membri tranne l’Irlanda“, ha fatto sapere ieri il commissario europeo per la Giustizia, Didier Reynders, responsabile del dossier per l’Esecutivo. A quanto sembra, Dublino sta affrontando difficoltà tecniche a causa di un attacco informatico. Per il resto, Reynders si dice soddisfatto, tutti gli altri Stati dovrebbero collegarsi a partire da oggi al Gateway, il sistema di connessione che rende i certificati interoperabili e riconosciuti reciprocamente. “E’ uno strumento che raccomandiamo soprattutto per evitare confusione” e un approccio scoordinato alle riaperture estive.
Approccio scoordinato, come lo è stato per tutto il corso della pandemia perché nonostante le varie raccomandazioni della Commissione (che rimangono non vincolanti) gli Stati europei hanno continuato a prendere decisioni per conto proprio su chiusure e restrizioni.
Oggi il certificato entra in funzione in un contesto pandemico ancora incerto in Europa, con campagne vaccinali nazionali che procedono a passo spedito ma anche messo alla prova dalla diffusione di una nuova variante del Coronavirus, la Delta, riscontrata per la prima volta in India e poi nel Regno Unito, che ha iniziato a preoccupare gli Stati membri. Parlando a margine di una conferenza stampa, ieri (30 giugno) Reynders ha messo le mani avanti ricordando che nel regolamento è previsto un “freno di emergenza”, per cui se gli Stati vogliono ripristinare le restrizioni per far fronte alla diffusione della Delta, possono farlo. L’importante è che si informi la Commissione sulle motivazioni che li spingono a farlo, che dovrebbero essere “proporzionate e non discriminatorie”.
In pratica, alla luce della nuova variante si rischia un nuovo mosaico scoordinato di approcci nazionali. E già la Germania dal 29 giugno ha imposto divieto di ingresso per i viaggiatori in arrivo dal Portogallo, dopo la diffusione della variante. Ne sono esenti solo i cittadini o residenti, ma devono rispettare una quarantena di due settimane. La cancelliera Angela Merkel si era detta molto preoccupata anche al Consiglio europeo del 24 e 25 giugno, chiedendo agli altri leader europei maggiore cautela sulla fine delle restrizioni e chiedendo equilibrio tra la necessità di rivitalizzare il turismo e contenere la diffusione della variante.
La decisione di Berlino ha spinto la Commissione a scrivere una lettera a tutti e Ventisette gli Stati membri per ricordargli di evitare, se non necessarie, le restrizioni alla libera circolazione dopo l’introduzione del Certificato europeo, senza ottenere (fino a ieri) alcuna risposta da parte dei governi.
Intanto, la Commissione ha esortato gli Stati a non usare il pass solo come mezzo per viaggiare, ma a usarlo anche per usi nazionali come “andare a teatro, ai festival ai concerti”, ha detto Reynders. Paesi come l’Italia e la Francia già hanno deciso di sfruttarlo in questi termini, ma anche su questo servirebbe “evitare confusione e frammentazione” a livello europeo.
“Il certificato digitale Covid è sicuramente il simbolo di un’Europa unita che dà risposte chiare e trasparenti ai suoi cittadini”, commenta l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle, Laura Ferrara. “Grazie a questo strumento, in vigore da oggi, si potrà viaggiare in tutta Europa tutelando la salute pubblica ed evitando restrizioni e discriminazioni”. Almeno in teoria. “Da alcuni Stati membri arrivano anche note stonate”, lamenta, invitando a “dare a tutti parità di condizioni”.