Bruxelles – L’Ungheria spacca letteralmente in due l’Unione europea, con la metà degli Stati membri che si ritrova a censurare la legge contro la comunità LGBTQ e l’altra metà che non se la sente di sottoscrivere la dichiarazione di iniziativa Benelux. I ministri degli Affari europei, a Lussemburgo per preparare il summit dei leader e discutere di Stato di diritto, si ritrovano ad aprire una lotta intestina tutta all’Unione sulla questione dei diritti fondamentali.
Il primo ad annunciare che giornata si sarebbe presentata è stato il ‘padrone di casa’, il lussemburghese Jan Asselborn. Il ministro degli Esteri e degli Affari europei del Granducato ritiene la legge che vieta di parlare di omosessualità a i minorenni “una legge non europea, contraria a ogni diritto e valore fondamentale”, un’azione “da medioevo, quando non siamo più nel medioevo“. Da qui la dichiarazione che censura l’iniziativa, accusa il governo di Budapest, e apre gli scontri interni.
Il documento presentato da Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo riceve approvazione e condivisione di Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lettonia, Lituania, Spagna, Svezia. Ben 13 Stati membri su 27 contro Budapest, e nel momento in cui viene diffuso la dichiarazione di condanna pubblica spicca l’assenza dell’Italia tra quanti non prendono le distanza da un provvedimento giudicato “una forma flagrante di discriminazione”.
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E’ in un secondo momento che si aggiunge anche il governo guidato da Mario Draghi. A sentire le spiegazioni del ministro per gli Affari europei, Enzo Amendola, da parte italiana si voleva sentire le ragioni di Budapest, prima di partire all’attacco. Ma a quanto pare le spiegazioni non sono servite e ad Amendola non è rimasto che unirsi alla censura.
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L’Ungheria respinge al mittente le accuse. “Questa legge non è un legge che discrimina alcuna comunità”, sostiene Peter Szijjarto, ministro degli Affari europei di Budapest. “La legge riconosce quale diritto esclusivo dei genitori educare i loro figli circa l’orientamento sessuale. Mi chiedo se chi critica, che si tratti di politici o giornalisti, abbia letto questa legge”.
Ma la difesa di Budapest non sortisce effetto. Alla fine anche la Commissione fa fatica a trovare toni concilianti. Al contrario, Vera Jourova rincara la dose. Quando si parla di Stato di diritto in Polonia e Ungheria “la situazione non sta andando nella giusta direzione”, riconosce la commissaria per i Valori e la trasparenza, che ammette “l’aggravarsi” dello stato di cose.
Nel giorno in cui a Lussemburgo i ministri erano chiamati a discutere anche di immigrazione, in vista del vertice dei capi di Stato e di governo di fine settimana (24 e 25 giugno), Amendola esulta per l’approvazione del Recovery fund e l’accordo sulla dimensione esterna dell’immigrazione, che non è ciò di cui ha bisogno nell’immediato l’Italia, che avrebbe invece bisogno di un accordo sui ricollocamenti che con ogni probabilità non ci sarà.