Le esternazioni di Van Rompuy sulla legittimità delle candidature parlamentari per il posto di Presidente della Commissione rivelano le contraddizioni del sistema congegnato dal trattato di Lisbona ma mostrano anche la via che l’Unione sta inesorabilmente prendendo, malgrado la reticenza dei governi espressa senza molta ambiguità dal loro massimo rappresentante. L’Unione sarà politica o non sarà, e se il trattato di Lisbona mirava a sventare questa opzione, è proprio dalle sue debolezze che ora scaturisce.
Ci sono ormai due Europe politiche: quella dei governi nazionali, fondata sui partiti storici di ogni paese, dove si arrocca ancora il potere spuntato e inefficace degli Stati; e quella del Parlamento europeo, fondata sui suoi gruppi politici, che faticosamente si scavano un’identità nella società europea e da cui dovrà emergere il vero potere se vogliamo che l’Unione europea continui ad esistere e si rafforzi.
Van Rompuy non può che rivendicare legittimità per il sistema nazionale, quello che lui rappresenta. È il suo ruolo. Ma con questa presa di posizione il rodato politico belga forse gioca appunto alla belga e tira alla sponda per buttar giù i birilli cercando di far venire fuori quello che ancora non c’è: una tribuna politica europea. Le reazioni di Juncker e di Schulz alla presa di posizione di Van Rompuy non si sono fatte attendere. Ma il loro rizzare la cresta sarebbe stato impossibile senza la beccata del Presidente del Consiglio europeo.
Ora spetta ai candidati e ai loro gruppi politici continuare l’opera, ma la trasformazione sarà impossibile senza un coinvolgimento attivo dei vecchi partiti che in modo contradditorio dovranno contribuire al superamento di loro stessi. In questa transizione, ci sono forze più predisposte ed altre meno. E non è detto che l’europeismo sbocci solo nel campo europeista. Intanto un segno positivo arriva dalle campagne elettorali, che per una volta non sono state del tutto prese in ostaggio dalle politiche nazionali. L’Europa è al centro del dibattito, anche se è molto spesso vista come potere cattivo da cui difendersi. Se non altro se ne parla e se ne immaginano nuove forme.
All’interno come all’esterno, l’Unione europea conferma dunque la sua attrattiva e come ha sempre fatto nella sua storia, avanza senza muoversi e fa dei suoi bizantinismi una risorsa. Se la spinta al cambiamento non viene, è il peso dell’immobilismo che la sposta. Proprio come il Belgio di Van Rompuy, che non c’è più ma esiste ancora, anzi proprio perché non c’è più esiste ancora.