Roma – Camera a Senato votano le linee di indirizzo del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Si tratta delle risoluzioni adottate dalle commissioni Bilancio e Politiche europee, che nelle settimane passate nell’ambito di un’intesa attività istruttoria hanno svolto decine di audizioni dei ministri, esperti e parti sociali.
A Montecitorio, dopo la discussione generale è intervenuto il ministro dell’Economia Daniele Franco che ha precisato quei passaggi che riguardano soprattutto il metodo e in prima battuta “l’impegno a coinvolgere il Parlamento prima della trasmissione alla Commissione europea” così come indicato dalla risoluzione di maggioranza, l’unica approvata dall’aula con 412 sì, 11 no e i 44 astenuti del gruppo di Fratelli d’Italia.
La stessa risoluzione impegna il governo “ad assicurare il pieno coinvolgimento del Parlamento nelle fasi successive del Piano nazionale di ripresa e resilienza”. Ma il controllo non spetterà solo alle Camere perché su questo punto il ministro dell’Economia ha voluto specificare che “sarà resa disponibile una piattaforma digitale pubblica, centralizzata con i dati relativi all’attuazione dei progetti del Pnrr”. Analoga discussione si è svolta al Senato che ha approvato il piano nella giornata di giovedì con una risoluzione che nella sostanza ricalca quella votata a Montecitorio.
Il programma di investimenti che verrà presentato “è un’occasione molto importante per il nostro Paese – ha detto Franco – ma non è l’unico strumento di politica economica per raggiungere l’obiettivo di crescita, inclusione ed efficienza”. Il riferimento è ai molti progetti “che pur meritevoli” di essere inseriti nel piano, “ne sono esclusi perché non soddisfano i criteri più stringenti”.
L’orientamento del governo va verso lo studio di “una linea di finanziamento ad hoc, complementare al Pnrr” che possa comprendere questi progetti. L’invito dunque è a guardare anche agli altri strumenti, i fondi strutturali europei, il fondo di sviluppo e coesione, inclusi nella strategia di politica economica. Tra gli obiettivi prioritari del piano, la riduzione degli squilibri territoriali, e Daniele Franco ha spiegato che “nel complesso, le risorse destinate alle aree del Mezzogiorno supereranno significativamente la quota del 34 per cento”.
A proposito della governance e degli strumenti di controllo e monitoraggio del piano, il ministro ha sostenuto che si tratta di uno snodo cruciale. “La proposta finale conterrà la descrizione di un modello organizzativo basato su una struttura di coordinamento centrale – ha detto – collegato a specifici presidi settoriali presso tutte le amministrazioni coinvolte, unitamente a strumenti e strutture di valutazione, sorveglianza e attuazione degli interventi”.
Una cabina di regia robusta e articolata, con un’attenzione particolare all’individuazione dei soggetti responsabili dell’attuazione. “Una cornice che assicurerà una sana gestione finanziaria, il rispetto delle regole europee e nazionali, degli obiettivi e dei traguardi intermedi”. Per spianare la strada alla messa in opera degli interventi, è prevista la definizione in tempi rapidi di un pacchetto di norme di semplificazione procedurale delle autorizzazioni.
Sulla molteplicità delle richieste emerse durante il dibattito, l’esecutivo invita a prestare un’attenzione particolare alla questione finanziaria. “Tenete conto che tutto dovrà essere rendicontato, il nostro Paese contribuisce e quindi nessun euro sarà regalato ai nostri contribuenti”, né sui prestiti né sui finanziamenti.
L’appello è infine a uno sforzo corale da cui dipende la riuscita del piano, “una strategia, una visione del Paese nel 2026, nel 2030 e anche nei decenni successivi”.