Bruxelles – Idrogeno pulito come vettore per la transizione dell’industria siderurgica, responsabile fino al 9 per cento delle emissioni globali di gas effetto serra. Con il 37 per cento delle risorse dello strumento di ripresa Next Generation EU da destinare alla transizione verde, l’Unione europea intende “investire come mai prima d’ora nell’idrogeno pulito”, prodotto da fonti rinnovabili attraverso il processo di elettrolisi dell’acqua. Lo ricorda la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, nel suo intervento di oggi (16 marzo) al Dialogo sulla transizione energetica di Berlino 2021, sottolineando che “l’idrogeno pulito è un mezzo perfetto per raggiungere il nostro obiettivo di neutralità climatica” entro la metà del secolo.
Occasione per l’Ilva di Taranto
Non è una novità. Bruxelles considera l’idrogeno cosiddetto verde “un’opportunità unica” per la riconversione sostenibile dell’industria siderurgica, una di quelle ad alta intensità di carbonio. “L’acciaio è ovunque: in auto, navi, ponti, edifici e lavatrici. Abbiamo bisogno dell’acciaio. Ma vogliamo che sia sostenibile e l’idrogeno pulito è la strada da percorrere”, ha ribadito la tedesca nel suo intervento virtuale.
La questione è attuale anche per l’Italia, perché significa una grande opportunità per la riconversione dell’ex Ilva di Taranto in un impianto a idrogeno, sfruttando i fondi europei, non solo quelli del fondo per la giusta transizione (Just transition Fund) ma anche le nuove risorse del pacchetto di ripresa legato al bilancio pluriennale. Di questo è stato sempre convinto il vicepresidente esecutivo per il Green Deal, Frans Timmermans, anche prima dello scoppio della pandemia, che tra tanti lati negativi ha comportato almeno la mobilitazione di una ingente quantità di risorse pari a 750 miliardi di euro, tra sovvenzioni e prestiti, che per l’Italia significano 209 miliardi. La riconversione degli impianti alimentati oggi a carbone per la produzione di ‘acciaio verde’ richiederà molto tempo ed è chiaro che molto dipenderà anche dai progetti che metteranno a punto gli Stati membri e che dovranno ottenere il lascia passare di Bruxelles.
Prima di pensare a come sfruttare l’idrogeno pulito per la transizione, l’Ue deve prima creare un vero e proprio mercato conveniente per l’idrogeno. Nella sua strategia pubblicata a luglio 2020, la Commissione europea mira a far crescere l’idrogeno fino al 13-14 per cento del mix energetico complessivo dell’Unione entro il 2050. Attualmente rappresenta meno del 2 per cento e secondo le stime oltre il 90 per cento è prodotto da fonti fossili, che dunque producono emissioni. Entro il 2024 l’UE punta a installare elettrolizzatori per almeno 6 Gigawatt producendo un milione di tonnellate di idrogeno da rinnovabili (oggi l’Europa conta meno di un Gigawatt), per arrivare poi a 40 Gigawatt entro il 2030 per una produzione di almeno 10 milioni di tonnellate di idrogeno verde.
Adeguare la legislazione al 2030
L’idrogeno è solo uno dei punti chiave nella strategia europea per la decarbonizzazione. Come ha ricordato von der Leyen a giugno la Commissione presenterà il suo pacchetto Fit fort 55, che significa “essere pronti” per l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra del 55 per cento entro il 2030). Tra le proposte che farà la Commissione all’inizio dell’estate, la revisione dell’attuale sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE, per estenderlo al settore marittimo e “meglio applicarlo” a quello dell’aviazione. “Stiamo anche esaminando l’introduzione dello scambio di quote di emissioni per gli edifici e per il trasporto stradale”, ha aggiunto von der Leyen.
Ci saranno poi nuove proposte per promuovere (e investire) nelle energie rinnovabili e migliorare l’efficienza energetica, ad esempio degli elettrodomestici, dagli aspirapolvere agli smartphone. Prevista infine la proposta di un meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera, che significa una tassa vera e propria sulle emissioni importate nell’Ue che dovrebbe scoraggiare le industrie ad alta intensità energetica di spostarsi dove i criteri climatici sono meno rigidi che in Ue, dunque provocando anche concorrenza con quelle che invece mantengono le attività su territorio europeo. La proposta a giugno, ma la tassa vera e propria è attesa non prima del 2023.