Roma – In tutto il Partito democratico la richiesta, più o meno sincera, a Nicola Zingaretti è quella di restare alla guida, ma i margini sono pressoché nulli. Almeno a sentire il segretario che ieri ha sbattuto la porta e stamani è tornato sulla vicenda: “Il tema non è un mio ripensamento che non c’è e non ci sarà, ma far fare al partito un alto in avanti per essere più sincero, schietto e plurale, aperto all’esterno per costruire il futuro dell’Italia”.
Ieri le sue parole sono piombate nella sede del Nazareno come un macigno, quando ha scritto di provare “vergogna per un partito che parla solo di poltrone e primarie mentre avanza la terza ondata del virus”. Così ribadisce che “era maturata l’idea che il problema potessi essere io e dunque ho tolto a tutti questo problema. Ora qualsiasi scelta dell’assemblea la rispetterò”.
La decisione improvvisa ma non improvvisata, è destinata ad avere dei riflessi non solo sul piano interno. Le prime preoccupazioni emergono nel Movimento 5 Stelle, già colpito dalle liti interne, con il timore che la scelta di una strada comune con il Pd possa essere bloccata. E non per caso uno dei primi a mostrare solidarietà a Zingaretti fuori dal PD è stato Giuseppe Conte “dispiaciuto per una decisione evidentemente sofferta”, e riconoscendogli la qualità di “leader solido e leale”. “Faccio un passo di lato non scompaio“, ha puntualizzato il leader del PD, escludendo di voler pensare a una candidatura a sindaco a Roma. Un tam tam circolato anche perché l’annuncio delle dimissioni è stato diffuso nelle stesse ore in cui il governo aveva posticipato all’autunno prossimo la tornata delle elezioni amministrative previste per questa primavera.
Sul fronte della compagine governativa non cambia molto. “È forte, solido, andrà avanti e nessuno lo metterà mai in discussione”, la replica di Zingaretti a Matteo Salvini che aveva manifestato qualche preoccupazione. Tuttavia, il fatto che due forze politiche che lo sostengono, PD e M5S, siano senza guida non è certo una questione di poco conto che peserà anche negli equilibri di Palazzo Chigi.
Al Nazareno intanto la botta ha lasciato un grande sconcerto e per assorbirla ed elaborarla ci vorranno alcuni giorni visto che la richiesta unanime di restare non trova sponda nel leader. Le regole nude dello statuto dicono che l’assemblea nazionale potrà prendere atto delle dimissioni del segretario e procedere a una sua sostituzione. L’alternativa è la nomina di una commissione che porti appena possibile a un nuovo congresso. Se non ci saranno passi indietro, le decisioni politiche sono paradossalmente nelle mani delle correnti, proprio quelle finite in pieno nell’accusa di Zingaretti che lasciando la guida del partito ha pronunciato una frase esplicita: “Ora tutti si prendano le loro responsabilità”.