Bruxelles – Il progetto Google Privacy Sandbox mette in allarme il mondo dell’editoria europea: “Con l’eliminazione graduale dei cookie di terze parti sui suoi servizi” Google “influenzerà il mercato pubblicitario e sconvolgerà il modello di business della stampa digitale“. Con una nota pubblicata oggi (venerdì 5 marzo) dalle associazioni ENPA ed EMMA, si è aperto un conflitto tra gli editori europei e il colosso dei motori di ricerca: “Il modello annunciato entro la fine del 2022 è diventato una realtà”, hanno avvertito le società di media digitali. “Chiediamo ai legislatori dell’Unione Europea di utilizzare la proposta del Digital Market Act come un’opportunità per limitare il potere discrezionale delle piattaforme online“, oltre a “salvaguardare la concorrenza leale e la sostenibilità della stampa in Europa”.
Il fulcro delle preoccupazioni degli editori UE riguarda lo stop alla vendita di pubblicità basata sul tracciamento della navigazione degli utenti tra i siti. Google mercoledì ha annunciato che dall’anno prossimo dirà abbandonerà l’uso di cookie di terze parti, adottando invece “soluzioni più rispettose della privacy“. Un addio agli strumenti di tracciamento tradizionali, che finora hanno permesso una selezione degli obiettivi del marketing mirata sul singolo utente.
Gli editori hanno però sottolineato che “Google non ha più bisogno dei cookie a causa del suo potere di mercato“. Questo perché, “con l’aiuto di enormi quantità di dati raccolti attraverso i suoi servizi e il browser Chrome”, il gigante di Mountain View “è in grado di fare un uso molto più sofisticato della pubblicità personalizzata rispetto ad altri attori”. Secondo la associazioni ENPA ed EMMA, “Privacy Sandbox in realtà è una scatola nera” che “centralizza la raccolta dati all’interno del browser Chrome” ed “erode ulteriormente la trasparenza del loro trattamento online“.
Gli editori hanno chiesto a Bruxelles di intervenire, per evitare che Google possa “espandere ulteriormente il proprio monopolio dei dati“. Attraverso cambiamenti non regolamentati da un’autorità indipendente, “gli attori più piccoli non potrebbero adattare il loro modello di business in modo significativo alla nuova soluzione proposta” e “tutti i modelli di business basati sui dati a lungo termine dipenderebbero completamente” dai colossi digitali. Appellandosi alla discussione in corso nelle istituzioni UE sul ruolo delle piattaforme online, le associazioni di editori hanno sottolineato che “un cambiamento così radicale non deve essere deciso da un gigante tecnologico privato“.