Bruxelles – La parità di genere non è una questione da poco. Riguarda ogni aspetto della vita quotidiana, e tra gli aspetti della disparità di trattamento c’è anche il divario digitale di genere. Accesso e uso delle tecnologie, così come la formazione nel settore, non è uguale per uomini e donne. il digital divide è un altro aspetto di un problema culturale. In questo settore una serie di stereotipi continua a rafforzare la percezione che il mondo IT (tecnologie dell’informazione) e delle discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) non siano spazi femminili.
Una convinzione fortemente italiana, come messo in evidenza dallo studio Il divario digitale di genere realizzato dall’Università Bocconi di Milano e Plan International con il supporto di UniCredit Foundation. Quello che salta all’occhio è che l’Italia si posiziona al 25esimo posto sui 28 Paesi membri UE (i dati Women in Digital 2019 della Commissione UE si riferiscono a uno studio condotto prima della Brexit), davanti solo a Grecia, Romania e Bulgaria. Meno di due donne italiane su cinque hanno competenze tecnologiche e digitali di base o poco superiori (38 per cento), rispetto al 50 per cento della media europea. Per fare un confronto, la Finlandia, il Paese più virtuoso, ha una percentuale quasi doppia rispetto a quella italiana (71,9).
Quello dello scarso accesso all’utilizzo di Internet e alle competenze specialistiche è un fattore che si riflette nel divario di genere tra gruppi di professionisti, all’interno di un mercato del lavoro che chiede sempre più competenze dal punto di vista digitale. Considerati gli otto gruppi di professioni emergenti del Global Gender Gap Report 2020 (World Economic Forum), in Italia solo “Persone e Cultura” e “Produzione di Contenuti” presentano una prevalenza di occupazione femminile.
Al contrario, le professioni dove sono richieste competenze digitali e conoscenza delle ultime tecnologie evidenziano un enorme divario: la partecipazione di lavoratrici al mercato del lavoro legato ai dati e all’intelligenza artificiale si ferma a meno di una donna ogni tre (31 per cento), fino a scendere al 19 per cento nelle professioni ingegneristiche e al 17 nel cloud computing, l’erogazione di servizi via internet (meno di una donna ogni cinque lavoratori).
Il divario digitale di genere “non è solo una violazione del diritto delle ragazze e delle donne all’informazione, alla partecipazione e alla possibilità di contare a livello economico attraverso le tecnologie“, ha affermato Concha López, amministratore di Plan International Italia. Allo stesso tempo “è anche un’opportunità persa per sviluppare il potenziale delle donne e delle ragazze nel mondo del digitale”. Per questo motivo l’organizzazione non governativa ha indicato che “investire nell’emancipazione economica di giovani donne attraverso lavori dignitosi” è la chiave per “promuovere l’uguaglianza di genere e una crescita economica inclusiva e sostenibile, in particolare nella rivoluzione tecnologica emergente”.
Il primo punto da affrontare per aumentare la competitività della forza lavoro femminile è quello dell’istruzione. “È necessario fornire diverse opportunità a ragazze e giovani donne“, si legge nello studio, “soprattutto nei settori ad alta crescita economica come scienza, tecnologia, ingegneria e matematica (STEM) ed energia ‘verde’ sostenibile”. Il tema dell’abbattimento delle barriere di genere in fase di formazione è centrale per offrire pari opportunità di carriera a donne e uomini, insiste lo studio.
Le strade verso l’occupazione iniziano a divergere in base al genere già prima di entrare nel mercato del lavoro, nel momento della scelta del percorso accademico. Le discipline scientifiche STEM e IT stanno diventando sempre più importanti nelle prospettive dei giovani italiani, dal momento in cui sono percepite come un fattore per aumentare la possibilità di trovare lavoro rapidamente e di ricevere uno stipendio migliore. Tuttavia, nel 2017 Almalaurea ha segnalato che gli uomini costituiscono il 68,4 per cento dei laureati nel settore scientifico e il 74 in ambito ingegneristico. Solo una laurea ogni tre nelle discipline scientifiche è stata conseguita da una donna.
Paola Profeta, direttrice dell’Axa Research Lab on Gender Equality dell’Università Bocconi, ha spiegato che è “lo scollamento tra la percezione positiva nei confronti della tecnologia” e la tendenza che porta le “ragazze ad essere cinque volte meno propense dei ragazzi” a intraprendere una carriera in ambito tecnologico inizia in famiglia“. In questo contesto “è culturalmente sottovalutata la capacità delle ragazze in ambito scientifico” e la tendenza “continua a scuola“, ha avvertito Profeta.
Parlare di lotta per la parità di genere in Italia senza considerare le implicazioni nell’ambito della formazione e dell’occupazione professionale in ambito tecnologico rischia di diventare un grosso handicap, che all’alba del decennio digitale dell’Unione Europea non possiamo più permetterci, soprattutto adesso che l’UE punta sugli investimenti in conoscenza e infrastrutture digitale per uscire dalla crisi.