Bruxelles – Per Londra trovare la quadra su una politica dei visti che permetta ai suoi artisti di viaggiare liberamente nell’UE per le loro tournée europee sta diventando un rompicapo. Con la Brexit, che ha riscritto i diritti di libera circolazione dei cittadini britannici nei Paesi dell’Unione Europea, le trasferte oltre Manica per portare in giro per l’Europa gli spettacoli e i concerti delle star inglesi potrebbero essere messe in serio rischio a causa delle lungaggini burocratiche e delle spese richieste per l’ottenimento dei visti necessari.
Durante la fase dei negoziati che ha portato all’accordo di Natale la proposta europea era quella di esentare i musicisti e gli artisti dalle restrizioni imposte ai cittadini dei Paesi terzi in materia soggiorni di breve periodo. Offerta respinta dai britannici, che l’hanno ritenuta circocritta solo ad alcune attività artistiche e soprattutto perché incompatibile con gli impegni programmatici fissati per la ripresa dei controlli ai confini nazionali (la proposta europea consentiva a tutti i cittadini europei di accedere a un visto gratuito di breve durata, un’idea che tradiva il senso di Brexit).
Al tempo stesso però Londra ha accusato la controparte europea di non essere disposta ad accettare un’alternativa più rispettosa delle esigenze del settore artistico inglese. L’assenza di un’intesa finale ha provocato l’ira delle popstar britanniche (dal frontman dei Radiohead Thom Yorke alla cantante Dua Lipa) che oltre a definire il governo inglese “senza spina dorsale”, si sono appellati ai fan per sottoscrivere una petizione che ha superato le 250 mila firme.
Interrogata dalla commissione parlamentare della Camera dei Comuni competente in materia, la ministra della Cultura Caroline Dinenage ha affermato pochi giorni fa che sulla questione il governo è “nella crisi più assoluta” e che negoziare direttamente con Bruxelles sarebbe inutile e complicato in virtù delle differenti normative vigenti negli Stati membri in tema di permessi di lavoro riservati agli artisti provenienti dai Paesi terzi dell’Unione Europea.
A Brexit avvenuta Downing Street non sa dunque ancora come venirne a capo e la stessa ministra Dinenage ha indicato la ricerca di accordi con ogni singolo Stato membro dell’UE la soluzione più efficace. Anche in questo caso però la strada sarebbe tortuosa: i negoziati con le Capitali europee non sono stati ancora avviati e si preannunciano complicate le trattative per richiedere una deroga ai regimi dei visti che in alcuni Stati membri sono particolarmente restrittivi (Dinenage ha citato l’esempio della Spagna). Per questo motivo Londra ha criticato i Ventisette di non fare abbastanza per permettere di stabilire “efficacemente e il prima possibile” delle nuove regole che possano consentire agli artisti dell’Isola di circolare liberamente in Europa durante i loro tour sul suolo europeo.
Tutto questo avviene mentre gli operatori del mondo dello spettacolo sono sul piede di guerra. Oltre alle iniziative già messe in campo la cassetta postale di Downing Street straripa per le istanze presentate dagli artisti inglesi. In una lettera pubblica del sindacato Equity, che raduna circa 47 mila professionisti dello spettacolo del Regno Unito, più di 100 artisti (tra cui numerose star del teatro e del cinema inglese) hanno chiesto al primo ministro Boris Johnson di rimuovere l’imponente scoglio creato dalle nuove regole della Brexit.
Poche settimane prima un altro accorato appello era stato lanciato da alcuni dei più famosi talenti della musica inglese. “Tornate indietro e rinegoziate l’accordo con l’Unione Europea”, avevano scritto in una lettera pubblicata sul Times un centinaio di musicisti tra cui Elton John, Liam Gallagher degli Oasis, Brian May dei Queen e Roger Waters dei Pink Floyd.