Bruxelles – Si parla di Venezuela e il Parlamento europeo si spacca. Sulla risoluzione che definisce illegittima la nuova assemblea quasi totalmente monopolizzata dal partito socialista del presidente Nicolàs Maduro la frammentazione ricalca solo in parte la divisione dei gruppi parlamentari, con i popolari (PPE), i liberali (Renew) e i conservatori (ECR) che votano in blocco a favore e i Verdi che votano tutti contro (a parte un’astensione) per dire “no ad azioni propagandistiche a favore di una parte o dell’altra”. Negli altri casi, invece, le fratture sono tutte interne: i socialisti e i non iscritti si astengono in larga maggioranza, l’estrema sinistra (GUE/NGL) non è unita sul voto contrario e gli eurodeputati dell’estrema destra (ID) che vanno in ordine sparso. Alla fine la risoluzione passa con 391 voti, il 57 per cento dei partecipanti al voto.
Tra Maduro e Juan Guaidò (il presidente dell’Assemblea nazionale eletta nel 2015 che si è autoproclamato presidente ad interim della repubblica bolivariana dopo i brogli delle elezioni presidenziali del 2018), l’Eurocamera sceglie a maggioranza quest’ultimo. Ora viene chiesto agli Stati membri di esprimersi chiaramente in sede di Consiglio UE allo stesso modo, e cioè riconoscendo Juan Guaidò come presidente ad interim del Venezuela fino a che non si svolgeranno elezioni libere, corrette e competitive nel Paese.
La posizione del Parlamento ribalta così la linea del dialogo promossa dall’Alto Rappresentante Josep Borrell, che martedì 19 gennaio aveva aperto il dibattito in plenaria ribadendo la necessità di insistere sulla ricerca di un “accordo nazionale”. “Non possiamo proporre unicamente soluzioni esogene inventate dalla notte alla mattina, dobbiamo continuare a promuovere il ravvicinamento delle fazioni per le nuove elezioni. L’unica via di uscita è politica, di pacificazione e di dialogo con il coinvolgimento di tutte le parti. Ci vuole volontà a fare cessioni da parte di tutti”, ha affermato Borrell, dicendosi anche fiducioso dell’apporto che potrebbe dare il corso della nuova amministrazione americana di Joe Biden.
Uno sforzo diplomatico, quello dell’Alto Rappresentante, considerato figlio di un atteggiamento ambiguo, criticato per essere connivente con un Maduro, definito da buona parte del centro destra un “usurpatore”. “Le ultime elezioni sono state l’ennesimo grave atto di un regime illiberale. È urgente ripristinare lo stato di diritto, non possiamo essere equidistanti da Guaidò e Maduro”, ha dichiarato il membro dei popolari Antonio Tajani. “Il tempo del dialogo è superato”, ha incalzato Rosanna Conte (ID), che ha ricordato la presenza dei 18 prigionieri politici europei attualmente detenuti in Venezuela.
Il comunicato del Parlamento europeo redatto dopo la votazione finale chiede che l’Unione Europea si renda responsabile di un’azione forte, volta al rilascio dei 350 prigionieri politici incarcerati da Maduro e all’applicazione di misure concrete per risolvere una crisi umanitaria che conta 5 milioni di rifugiati (“solo” un milione in meno rispetto alla Siria, che è un Paese in guerra, come ricordato da Borrell) e 400 mila sfollati. Sono stati respinti tutti gli emendamenti presentati dall’estrema sinistra che impregnavano l’UE a non intromettersi negli affari venezuelani e a sospendere le sanzioni attualmente in vigore contro Maduro in virtù della loro ricaduta negativa sulle condizioni di una popolazione già martoriata. La linea dura ha prevalso senza fare sconti.
La parola passa ora al Consiglio, dove però i toni degli eurodeputati si scontreranno con i veti e l’indecisione di alcuni Stati membri.