Bruxelles – Soddisfatti, ma disillusi. Questo sarebbe lo stato d’animo degli europei nei confronti della nuova presidenza statunitense guidata dal democratico Joe Biden, secondo quanto riporta un sondaggio pubblicato oggi dall’European Council on Foreign Relations (ECFR). L’indagine a livello paneuropeo condotta tra novembre e dicembre 2020 da Datapraxis e YouGov su un campione di oltre 15 mila cittadini dimostra che la maggior parte degli europei ha gioito sì per la vittoria di Biden su Donald Trump, ma sono pochi quelli che credono che gli Stati Uniti torneranno a essere il principale attore globale sotto la sua guida.
Un sentimento da non sottovalutare, che arriva a un giorno dal confronto al Parlamento Europeo sulla situazione negli Stati Uniti e sulla cerimonia di inaugurazione della presidenza Biden (del 20 gennaio). Ma che soprattutto deve porre degli interrogativi alle istituzioni europee sui futuri rapporti con l’alleato oltreoceano e sulla nuova agenda transatlantica della Commissione.
Il rapporto
La notizia è che la fiducia degli europei nel potere americano sta svanendo. Dopo l’elezione di Trump nel 2016 quasi un terzo di tutti gli intervistati concorda non ci si possa fidare degli americani: la maggioranza dei tedeschi sostiene con forza questa opinione (53 per cento), mentre in Italia la posizione è di maggiore cautela (28 per cento). Sul continente è forte la convinzione che la Cina supererà gli Stati Uniti entro il prossimo decennio come superpotenza mondiale (oltre il 70 per cento) e che Biden probabilmente risolverà le divisioni interne agli USA, ma non che il neo-presidente riuscirà ad arrestare il declino del Paese sulla scena mondiale.
Queste considerazioni aprono praterie a livello geopolitico. Prima di tutto, solo un europeo su dieci crede che gli Stati Uniti interverrebbero a loro favore in caso di crisi militare: Washington non è più considerato un partner affidabile in materia di sicurezza dell’Europa. In Italia quasi due intervistati su tre (62 per cento) ritengono che il Paese non possa dipendere dal solo sostegno degli Stati Uniti in caso di grave crisi. Non solo. Si registra una considerevole ambivalenza nei confronti in caso di conflitto tra Washington e Cina o Russia: almeno la metà degli intervistati vorrebbe rimanere neutrale se si dovesse assistere a un’escalation tra potenze mondiali, non schierandosi necessariamente al fianco del tradizionale alleato (solo il 40 per cento rimane di questo avviso).
Da qui si sviluppano a cascata conseguenze interessanti. Prima di tutto, gli investimenti nella difesa a livello comunitario godono di un sostegno significativo da parte dei cittadini. Oltre due terzi degli intervistati preferiscono che l’Europa si occupi da sé della propria difesa, piuttosto di continuare a fare affidamento sugli Stati Uniti. Il sostegno maggiore a questo livello si riscontra in Portogallo (72 per cento), Svezia e Spagna (71), Francia (70) e Polonia (69 per cento). Nonostante con la Brexit il Regno Unito non sia più uno Stato membro dell’UE, anche il 74 per cento degli intervistati britannici condivide questa opinione. Inoltre, gli europei vorrebbero che l’UE fosse più severa a livello internazionale sulle questioni economiche (commercio, tassazione, regolamentazione), in particolare nei confronti degli abusi statunitensi.
Infine, l’asse franco-tedesco si conferma essere la carta da giocare perché l’Europa assuma un ruolo di primo piano a livello internazionale. In vista di un possibile potenziamento della sfera di influenza UE nel mondo, gli intervistati in Francia, Spagna, Danimarca, Paesi Bassi, Portogallo e Ungheria hanno sostenuto che per il proprio Paese è fondamentale costruire un buon rapporto con Berlino. Di rimando, gli intervistati tedeschi hanno scelto la Francia come alleato essenziale. In Italia e Svezia l’interlocutore rimane comunque Washington (per entrambi i Paesi al 36 per cento), ancora davanti alla Germania. Ma in Europa il vento potrebbe essere già cambiato.