Bruxelles – Climatizzatori, termosifoni, ventilatori, stufette. Gli alleati contro caldo e freddo sono preziosi, ma costosi in termini di sostenibilità. Contribuiscono alla produzione di CO2 e dunque al surriscaldamento del pianeta. A meno che l’energia consumata per il funzionamento non provenga da fonti alternative. Pannelli solari o pale eoliche, quanto è ‘green’ lo stare al calduccio o al fresco degli europei? Sempre di più.
Nel 2019 l’energia da fonti rinnovabili per l’utilizzo di sistemi di riscaldamento e raffreddamento domestici ha rappresentato il 22,1% del totale consumato, dunque più di un quinto. Non male si si pensa che nel 2010 il valore si fermava al 17%. Un piccolo balzo in avanti verso la sostenibilità, dunque.
Non solo. Facendo un raffronto ancor pià indietro nel tempo Eurostat rileva come la quota dell’UE di energia da fonti rinnovabili per il riscaldamento e il raffreddamento (famiglie, processi industriali, ospedali, scuole) sia “quasi raddoppiata, passando dall’11,7% nel 2004 al 22,1% nel 2019”.
Tra gli Stati membri dell’UE c’è chi alimenta edifici domestici e pubblici addirittura con energia da fonti rinnovabili per oltre la metà del fabbisogno energetico totale di riscaldamento e raffreddamento. E’ il caso di Svezia (66,1%), Lettonia (57,8%), Finlandia (57,5%) ed Estonia (52,3%). All’altro lato della scala, gli Stati membri dell’UE con una quota di energia da fonti rinnovabili per il riscaldamento e il raffreddamento inferiore al 10% risultano Irlanda (6,3%), Paesi Bassi (7,1%), Belgio (8,3%) e Lussemburgo (8,7%). Va detto che il Belgio produce energia nucleare, su cui l’opinione (politica, soprattutto) si divide sulla natura clima-impattante. Un discorso che vale anche per Francia e Germania, fortemente dipendenti dall’energia prodotta da atomo.
Da notare l’andamento altalenante dell’Italia. Alla fine del 2019 nel Paese termosifoni e condizionatori risultano alimentati per il 19,8% da energia pulita. Un dato inferiore ai valori del (20%). L’Italia ha dunque conosciuto un flessione prima di tornare a crescere nelle sue performance “eco-friendly”, comunque al di sotto della media generale e tra le ultime d’Europa (18esima su 27). C’è ancora molto da fare.