Bruxelles – “È il momento della verità. Resta solo qualche ora utile per un accordo post-Brexit“. L’ultimatum è arrivato questa mattina (venerdì 18 dicembre) direttamente dalle parole del capo-negoziatore UE, Michel Barnier, nell’aggiornamento della Commissione al Parlamento Europeo sullo stato dei negoziati con il Regno Unito. Non siamo distanti solo 13 giorni dalla fine del periodo di transizione (31 dicembre), ma ci troviamo anche a poco più di 48 ore dalla scadenza fissata dal Parlamento UE (la mezzanotte di domenica 20) per avere un testo da analizzare prima della ratifica entro la fine dell’anno. “La possibilità di un accordo c’è, ma il cammino è molto stretto”, ha confermato Barnier. “Dobbiamo prendere delle decisioni, ognuno si assuma le proprie responsabilità”.
Per prepararsi a ogni scenario – anche a quello di un no deal – il Parlamento ha dato il via libera alle “misure d’emergenza” proposte dalla Commissione: quasi all’unanimità sul mantenimento dei collegamenti aerei e collegamenti stradali di base, sulla sicurezza, mentre sulla creazione di un “quadro giuridico appropriato” fino a un’intesa tra le parti sulla pesca è stato respinto un emendamento.
Lo stato della trattative
Era stato proprio il capo-negoziatore UE a indicare ieri la possibilità di arrivare a un accordo entro la giornata di oggi (“sarà difficile ma non impossibile”). Nel corso dell’aggiornamento al Parlamento, Barnier si è però sbilanciato sul fatto che “non c’è accordo su nulla, finché non c’è accordo su tutto” e che “non ci dobbiamo sorprendere se in queste ultime ore si addensano i nodi più difficili da sciogliere”. Continua a regnare l’incertezza, anche se “il termine molto stretto del 31 dicembre è stato fissato dai britannici“, dopo che “a giugno hanno rifiutato la nostra proposta di prorogare il periodo di transizione per raggiungere un accordo con più tempo”. Con il momento della verità si conoscerà il risultato di un “negoziato durato 9 mesi, una cosa senza precedenti, su così tanti settori”, ha spiegato Barnier.
Sgomberato il campo dal nodo della governance, rimangono ancora le questioni del level playing field e della pesca. “I britannici hanno fissato l’esigenza fondamentale di ritrovare la loro piena sovranità. Ma devono rispettare la nostra zona di libero scambio e di Mercato unico”, ha attaccato. Seguendo il discorso del capo-negoziatore, sembra tuttavia che sia soprattutto la pesca nelle acque britanniche a tenere sotto scacco i negoziati. “Il Regno Unito vuole controllare l’accesso alle proprie acque. Lo accettiamo, ma se dopo il periodo di aggiustamento lo vuole negare ai pescatori europei, l’UE deve avere diritto di reagire o compensare”. Questo perché “non sarebbe né giusto né accettabile che i pescatori europei abbiano diritti transitori che un giorno evaporeranno, mentre per le aziende britanniche rimarrebbero”, ha concluso Barnier. Subito dopo il capo-negoziatore ha lasciato l’emiciclo, per riprendere “il lavoro negoziale come ha chiesto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen”, dopo la telefonata con il premier britannico, Boris Johnson. “Rimangono grandi differenze da colmare, in particolare per quanto riguarda la pesca”, aveva commentato ieri sera su Twitter la stessa presidente della Commissione.
With @BorisJohnson we took stock of the EU-UK negotiations.
We welcomed substantial progress on many issues. Yet big differences remain to be bridged, in particular on fisheries. Bridging them will be very challenging.
Negotiations will continue tomorrow. pic.twitter.com/ou5NUibZ3e
— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) December 17, 2020
In attesa di conoscere nelle prossime ore il risultato dei negoziati commerciali (“stiamo negoziando il massimo con l’acqua alla gola”), il vicepresidente per le relazioni interistituzionali e le prospettive strategiche, Maroš Šefčovič, ha elencato agli eurodeputati i progressi “fondamentali” sull’Accordo di recesso raggiunti ieri con Michael Gove (ministro britannico senza portafoglio, braccio destro del premier), per renderlo operativo dal 1° gennaio. “È una questione di fiducia e rispetto del diritto internazionale. Abbiamo evitato che si creasse un confine duro in Irlanda, per il mantenimento della pace sull’isola”.
Il vicepresidente Šefčovič ha sottolineato che sono state garantite due priorità dell’Unione: “Prima di tutto il raggiungimento di accordi funzionali per la presenza UE nell’Irlanda del Nord“, in modo tale che “i nostri rappresentanti possano svolgere il loro lavoro in loco, dove i beni entrano ed escono da Belfast”. In secondo luogo, “far sì che il governo britannico sia impegnato a ritirare le parti contestate del progetto sul Mercato interno e a non inserirle nella legge sulla tassazione”. Infine, “abbiamo concordato la gestione temporanea dei controlli alle frontiere, la fornitura di medicinali e di prodotti alimentari in caso di mancato accordo commerciale”, oltre alla “protezione fino al 30 giugno 2021 dei diritti dei nostri cittadini e di quelli britannici“.
#EPlenary 🇪🇺🇬🇧 Deal or no deal, it was of utmost importance to ensure that the Withdrawal Agreement is operational in time. It was a matter of trust.
Thx. to the solution-driven approach on both sides, the necessary decisions are endorsed.
I appreciate @Europarl_EN's support. pic.twitter.com/RhqLNnyGQr
— Maroš Šefčovič🇪🇺 (@MarosSefcovic) December 18, 2020
La voce del Parlamento Europeo
Dagli eurodeputati è arrivato il pieno appoggio al mandato del capo-negoziatore Barnier per questi ultimi 13 giorni di periodo di transizione. Ma sulla questione delle tempistiche per la presentazione dell’eventuale accordo si sono levate voci di preoccupazione e critica. “Siamo pronti a una plenaria straordinaria per discutere nel dettaglio il testo finale, se arriverà entro la mezzanotte di domenica”, ha annunciato il popolare David McAllister. “Ma questo scenario straordinario non dovrà diventare un precedente per futuri accordi”. Il coordinatore per i negoziati con il Regno Unito del Parlamento UE ha poi confermato che “le misure d’emergenza che abbiamo adottato oggi serviranno a limitare le frizioni nelle connessioni aeree e stradali”, ma comunque “ci saranno problemi con o senza accordo commerciale”. Parole simili a quelle di Iratxe García Pérez (S&D): “Con questo voto intanto cercheremo di minimizzare il caos in questi settori”. Ma l’eurodeputata spagnola ha posto il problema del ruolo del Parlamento UE in queste ultime settimane: “La Commissione ci fornisca quanto prima il testo dell’accordo per dibattere del contenuto del testo. L’approvazione senza la disamina del Parlamento non è accettabile“.
L’attacco più veemente sullo “svilimento del ruolo del Parlamento” è arrivato da Philippe Lamberts (Verdi/Ale): “Speriamo in un accordo commerciale, ma sono scandalizzato dalla disponibilità degli altri gruppi a ratificarlo in un simulacro di esame”. Questa offerta della Commissione “ridicolizza il Parlamento”, perché “non si può pensare di analizzare un testo così importante in così pochi giorni“. L’eurodeputato ha riconosciuto che “ora non abbiamo scelta, ma questo crea un precedente pericoloso”, in un’Europa in cui “i parlamenti vengono considerati solo come Camere di approvazione dell’esecutivo”. Per Nicolas Bay (ID), “il peccato originale è nell’aver dimenticato spesso a Bruxelles la democrazia, criticando i cittadini britannici per le loro scelte” e “mentre ora danno vantaggi fiscali a tutti, noi rischiamo di non arrivare a un accordo con un Paese fondamentale”.
Più disponibili al confronto Martin Schirdewan (GUE) e Nathalie Loiseau (Renew). Il primo ha dichiarato di voler “misurare la Commissione su una nuova generazione di rapporti commerciali, dalla protezione dei consumatori agli standard ambientali e sociali”, non risparmiandosi una critica al fatto che non sia filtrata ancora al Parlamento “nemmeno una bozza d’intesa”. Per la seconda, “nessun Paese può affrontare da solo le sfide del terrorismo, Coronavirus, attacchi alle democrazie e cambiamenti climatici, perciò auspichiamo un’intesa cordiale”. Secondo l’europarlamentare italiano Fabio Massimo Castaldo (M5S) “non possiamo tollerare passi indietro sul level playing field“, perché “il Regno Unito non può fare concorrenza sleale alle nostre aziende già in crisi”. Mentre per Guy Verhofstadt (Renew) è fondamentale “fare qualcosa sul programma Erasmus“. Se Downing Street vorrebbe selezionare “solo le parti che preferiscono”, l’Unione Europea dovrà fare in modo che anche gli studenti britannici possano continuare a usufruirne: “È questa la generazione che riporterà nei prossimi decenni il Regno Unito nella famiglia europea”, ha concluso.