Bruxelles – Il ricorso dell’Ungheria contro il voto di ‘censura’ del Parlamento europeo va respinto. Ne è convinto l’avvocato generale Michal Bobek, nella sua interpretazione della causa sollevata dal primo ministro di Budapest, Viktor Orban, contro il voto che ha avviato le procedure che possono portare fino alla sospensione del diritto di voto in Consiglio per violazione dello Stato di diritto.
L’Ungheria, oltre al merito del voto parlamentare, ha contestato il metodo. Orban ritiene il risultato illegittimo poiché ai fini del calcolo della maggioranza dei due terzi dei voti espressi dovevano essere tenute in considerazione anche le astensioni, non calcolate.
L’avvocato generale chiarisce alla Corte, che su questo si dovrà pronunciare nelle prossime settimane, come da un punto di vista linguistico, i termini ‘astensione’ e ‘voto espresso’ “si escludano a vicenda”. Ciò perché mentre una persona che si astiene chiede che il suo voto non sia considerato a favore o contro una determinata proposta e desidera essere trattata come se non avesse votato, l’espressione ‘voto espresso’ implica che una persona abbia attivamente espresso il suo punto di vista, attraverso un voto favorevole o contrario a una proposta.
Inoltre si rileva che il regolamento vigente al momento del voto contestato dagli ungheresi, prevedeva che per l’approvazione o il respingimento di un testo “entrano nel calcolo dei voti espressi soltanto i voti a favore e contro, salvo nei casi in cui i trattati prevedano una maggioranza specifica”. Questa disposizione, dunque, esclude “chiaramente” le astensioni dal calcolo. Dunque, nel metodo, le obiezioni di Orban non sono accettabili.