Bruxelles – Gibrexit, la rocca si prepara al peggio e avverte dei contraccolpi di un possibile addio britannico dall’UE senza alcun accordo. Frontiere chiuse, file interminabili alla dogana, accesso con bagagli limitati, problemi nella circolazioni delle merci e ancora dazi sui prodotti ortofrutticoli spagnoli. Un avviso alla popolazione locale, ma soprattutto alle autorità della confinante Spagna. Dall’1 gennaio 2021 il possedimento britannico potrebbe vedersi costretto a chiudere i confini.
Con le sbarre abbassate alla frontiere a rimetterci sarebbero innanzitutto i circa 10mila lavoratori transfrontalieri spagnoli che ogni giorno entrano ed escono da Gibilterra. Ma è solo il primo dei disguidi. Si avverte dell’eventualità di due ore di attesa al confine per i veicoli privati e fino a sei ore per i veicoli commerciali, con uno scenario di ‘no-deal’ che potrebbe creare congestione del traffico in tutto il territorio di Gibilterra. “La congestione del traffico sarà tale da influenzare la fornitura di servizi, compresi i servizi di emergenza”, recita il documento diffuso alla popolazione.
Il governo di Gibilterra ha avvertito anche la popolazione dei problemi nella catena di approvvigionamento dovuti ai controlli alle frontiere che devono superare le merci che richiedono controlli sanitari, come il cibo. Il grosso delle merci dovranno arrivare via mare, e questo pone altri interrogativi, poiché il Regno Unito ha la sovranità del territorio di terra e solo sulle acque del porto. Dopo, ci si trova in acque territoriali spagnole. Secondo stime preliminari, comunque, dalle conseguenza della Brexit dovrebbero essere toccati circa 20-30 veicoli pesanti al giorno.
Ma l’incubo di una Brexit disordinata per Gibilterra vuol dire anche restrizioni per il turismo. In tempi di COVID è forse fuori luogo fare certi tipi di ragionamenti, ma nel possedimento britannico, dove temono il caos, si stanno preparando a tutto. Senza un accordo non si potrà attraversare il confine con prodotti alimentari in entrambi sensi, quindi addio a souvenir culinari.
“L’uscita di Gibilterra dall’Unione Europea implica che alcuni processi e procedure diventeranno inevitabilmente più difficili, macchinosi e burocratici”, l’avviso alla popolazione locale (33.500 persone) e agli spagnoli. “È importante che tutti ne siano consapevoli e che, ove possibile, pianificano in anticipo”.
Joseph Garcia, vice primo ministro di Gibilterra, cerca di calmare gli animi. “Vogliamo evitare allarmi o panico tra la popolazione. Questo messaggio è per prepararsi e non farsi prendere dal panico“. Insomma, ‘keep calm and carry on’, in perfetta tradizione britannica.
La Spagna vorrebbe evitare un hard-border. Ci sono i suoi lavoratori transfrontalieri da tutelare, e poi la filiera agroalimentare. I coltivatori e gli esportatori spagnoli rischiano dazi doganali per 189 milioni di sterline ogni anno (circa 212.5 milioni di euro) secondo le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), e oltretutto senza un accordo commerciale il governo di Madrid teme la concorrenza del Marocco, che potrebbe sostituire la Spagna nella fornitura di frutta a Gibilterra. Londra ha già firmato un accordo con le autorità marocchine.
Al di là delle ripercussioni pratiche, altre incognite avvolgono l’avvenire del possedimento britannico su cui la Spagna non ha mai smesso di avanzare rivendicazioni. Madrid vorrebbe approfittare della Brexit e della conseguenze Gibrexit per istituire una speciale “zona di prosperità condivisa” a Gibilterra, così da estendere il controllo sulla rocca. Ma senza un accordo commerciale completo tra Unione europea e Regno Unito appare difficile. Ma i negoziati tra Londra e l’Unione sono in ritardo.