Bruxelles – La mafia conosce molto bene la Scozia. Non sono poi così lontani i tempi di Antonio La Torre, il ‘don sul Don’, che ha vissuto per 20 anni ad Aberdeen. La terra a nord del Vallo di Adriano è già stata conquistata da anni dalle cosche mafiose grazie all’uso di strumenti finanziari sofisticati e l’abilità di nascondersi in un Paese in larga parte rurale. Se sei scozzese, la tua vita è già profondamente influenzata dalle loro scelte, proprio come quella di un italiano. Ma dopo la Brexit la situazione sarà peggiore: i criminali potranno non passare la frontiera, tuttavia l’infiltrazione dei capitali illeciti non verrà fermata. Solo un più stretto coordinamento europeo e lo sviluppo di modelli pionieristici di polizia, come quella scozzese, potranno essere efficaci nella lotta al crimine organizzato internazionale.
Come la mafia ha invaso la Scozia
5 miliardi di sterline. È questo il valore delle attività criminali straniere in Scozia, come rivelato nel 2014 da un’indagine coordinata da Transcrime (centro interuniversitario di ricerca sulla criminalità organizzata transnazionale, con sede a Milano). Le organizzazioni criminali straniere hanno conquistato almeno un ristorante, un negozio o un’azienda su cinque: lo stesso rapporto che c’è nel Sud Italia. In un’intervista per The Daily Record, la ricercatrice di Transcrime Cristina Soriani ha affermato che i boss “erano coinvolti direttamente come co-proprietari di ristoranti o di aziende import-export” e “a livello locale” erano considerati “imprenditori di successo”. Nonostante in questi anni in Scozia siano state portate avanti diverse operazioni di polizia contro il crimine organizzato, sei anni dopo la valutazione di rischio nel Paese si attesta a livelli ancora elevati. A causa dell’isolamento di larga parte del territorio, la ricchezza dell’economia e l’apertura all’immigrazione, qui è abbastanza facile nascondere soldi e latitanti.
Aberdeen, dove la camorra ricicla denaro sporco
Sono imprenditori. Nel ventunesimo secolo i boss si vestono in doppiopetto e nascondono le armi tra assegni e banconote. Il caso di Antonio La Torre è paradigmatico. Già membro di un clan camorristico di Mondragone (Caserta), arrivò ad Aberdeen nel 1984 per aprire il ristorante italiano Pavarotti’s: questa attività fu utilizzata per vent’anni come base per il riciclaggio di denaro in Scozia. “Il Paese era attraente per la sua economia vivace, trascinata dall’industria petrolifera e del gas”, spiega Paolo Campana, lettore in Criminologia presso la University of Cambridge. “Per giunta, l’assenza di una legislazione anti-mafia rendeva la Scozia un luogo sicuro”. Antonio La Torre era a capo di sette aziende legali (dalla vita breve) e cercò anche di infiltrarsi nel settore delle costruzioni e in quello immobiliare. “Il clan diversificava le proprie strategie e cercava nuove opportunità sia nel mercato legale che in quello illegale“, continua Campana. Nonostante La Torre sia stato arrestato nel 2005, venti insospettabili anni di camorra hanno lasciato in eredità alla Scozia la consapevolezza di essere un potenziale paradiso per chiunque voglia riciclare fondi illeciti nel mercato legale.
Le società scozzesi a responsabilità limitata, un Eldorado nascosto
“I gruppi criminali stranieri sanno adattarsi. Scelgono luoghi dove nessuno si aspetta di trovarli e cercano contatti con gli attori locali”. L’analisi di Vincenzo Scalia, Reader presso la University of Winchester, è confermata anche da Anna Sergi, lettrice in Criminologia alla University of Essex: “Il riciclaggio di denaro sporco è ora facilitato dalla ruralità della Scozia e da un particolare strumento finanziario, le società scozzesi a responsabilità limitata“.
Le cosiddette SLP sono imprese registrate in Scozia con società madri in paradisi fiscali, come le Seychelles e Panama: i partner offshore, spesso collegati con organizzazioni criminali internazionali, controllano il 90 per cento di queste SLP. Nonostante dal 2017 la legge nel Regno Unito richieda la registrazione formale delle persone giuridiche (che possono detenere imprese e firmare contratti), nella maggioranza dei registri aziendali delle SLP non compare alcun nome. Secondo i giornalisti del quotidiano scozzese The Herald, David Leask e Richard Smith, “fino a quando a queste imprese sarà concesso di avere società madri offshore, non avranno nessun bisogno di compilare registri aziendali”. Indirizzi totalmente anonimi a Edinburgo, Glasgow o Douglas, coprono gli affari di migliaia di SLP: più di 15 mila sono registrate in soli 14 immobili. Nessuna di queste ha mai depositato un rendiconto finanziario, per un riciclaggio totale da miliardi di sterline. In Scozia, in questo momento.
Dopo una crescita del 430 per cento del numero di registrazioni di società scozzesi a responsabilità limitata tra il 2007 e il 2016, nel 2018 è stato toccato il livello più basso dal 2010 (meno di mille nuove imprese in un anno). Tuttavia, stando al sito di giornalismo investigativo Bellingcat, la mancanza di regolamentazione ha creato una finestra di opportunità per gli affari criminali transnazionali, che ancora circolano nell’economia legale del Regno Unito. Dal 2014, 66 richieste di indagine sulle SLP sono arrivate alla polizia nazionale scozzese da forze dell’ordine europee, in particolare dall’Est Europa. Un problema internazionale che non è ancora stato risolto.
Police Scotland: un esempio nella lotta al crimine organizzato
Come si può combattere una criminalità organizzata che è sempre più sofisticata? La Scozia ha già indicato la strada, grazie a una soluzione all’avanguardia nel Regno Unito. Dall’aprile del 2013, otto organi di polizia regionale sono stati sostituiti da Police Scotland, la polizia nazionale scozzese: la più grande fusione di forze dell’ordine del ventunesimo secolo, che è andata a formare la seconda polizia più grande del Regno Unito dopo quella della città metropolitana di Londra. “Le principali caratteristiche di Police Scotland sono l’efficienza e il coordinamento delle sue strategie di contrasto alla criminalità, rese possibili dalla sua centralizzazione a livello nazionale. È un metodo pionieristico nella lotta al crimine organizzato e nelle indagini sui fondi illeciti”, spiega Sergi.
I dati confermano le sue parole: a sette anni dalla sua istituzione, la polizia nazionale ha portato il numero di indagini sui gruppi criminali organizzati da 257 a 86. Due terzi dei gruppi locali e dei clan di stampo mafioso conosciuti da Police Scotland sono stati eradicati in soli sette anni e più di 55 milioni di sterline all’anno, in beni o contanti, sono state sequestrati. In più, grazie alla fusione delle forze di polizia, è più facile tratteggiare le rotte e le attività criminali che fanno tappa in Scozia. Un’unica forza, con divisioni, unità e taskforce specializzate per crimine, garantisce più flessibilità e competenza nel contrastare crimini informatici, traffici di droga, riciclaggio di denaro e terrorismo, oltre ai gruppi transnazionali che stanno facendo affari sul territorio. Infine, le agenzie internazionali possono relazionarsi tempestivamente con un’unica polizia nazionale, anziché con tante su scala regionale, nel contesto del network di Europol. Per fronteggiare con efficacia attività criminali con ramificazioni in tutto il mondo è necessaria una stretta cooperazione tra grandi servizi di intelligence e polizie specializzate.
“Non nel mio giardino”. Tutti i rischi (e le menzogne) di Brexit
Nel dicembre del 2018, il comitato ristretto per gli Affari interni della Camera dei Comuni riportava già i rischi per la lotta al crimine organizzato nella fase post-Brexit: “C’è una preoccupante mancanza di progressi per il mantenimento di una futura relazione del Regno Unito con Europol e il mandato di arresto europeo”. Due anni dopo, alla vigilia della fine del periodo di transizione, è lo stesso direttore dell’Agenzia nazionale per il crimine (NCA), Steve Rodhouse, a dirsi preoccupato per l’impatto della perdita del sistema d’informazione Schengen (SIS II) dal 1° gennaio 2021. Il governo britannico sta ventilando la possibilità di un no deal nei negoziati con l’Unione Europea, ma non ha ancora trovato una soluzione alla possibilità di perdere il coordinamento di Europol.
“I gruppi criminali organizzati saranno i veri beneficiari della Brexit“, avverte Sergi sui falsi miti dell’uscita del Regno Unito dall’UE. Prima di tutto sui controlli di frontiera: “Le attività criminali dipendono dalla legge della domanda e dell’offerta e i controlli di confine sono conteggiati tra i fattori di rischio del business. Per esempio, se la droga costerà di più, ma la domanda non crollerà, il Regno Unito diventerà un luogo attrattivo dove fare affari”. L’uscita dall’Unione Europea non diminuirà il volume degli affari del crimine transnazionale, ma al contrario aumenterà i profitti per le cosche mafiose straniere. Infatti, “è improbabile che l’isolazionismo colpisca i network criminali”, perché questi “sono collegati all’ambiente locale”. In altre parole, i clan sul territorio continueranno a offrire supporto ai gruppi internazionali per il traffico di droga e il riciclaggio di denaro.
I flussi finanziari illeciti non necessariamente implicano spostamenti fisici di persone: Brexit non fermerà la mafia. Al contrario, le cosche avranno “più opportunità per fare profitti e investimenti e questo sarà un incubo per le forze di polizia nazionale“, aggiunge Sergi. Nello specifico, il no deal impatterebbe su Police Scotland, che perderebbe la sua connessione con Europol e non potrebbe più essere in grado di sviluppare le sue caratteristiche d’avanguardia. “Il Regno Unito ha bisogno di lavorare con i partner europei per una cooperazione internazionale delle forze di polizie, in modo da coordinare al meglio gli interventi per smantellare i network criminali”, conclude Sergi. L’alternativa è solo una: che la mafia, già ben radicata in Scozia come in tutto il Regno Unito, sfrutti il falso senso di sicurezza di cittadini e istituzioni per infiltrarsi ancora più in profondità nel tessuto socio-economico scozzese e britannico.