Bruxelles – Come rafforzare la risposta europea alla minaccia del terrorismo, dopo che nel giro di un mese terroristi di probabile matrice islamica radicalizzata hanno ucciso otto persone tra Parigi, Nizza e Vienna. I ministri dell’Interno dell’Ue tornano a discutere oggi di come rafforzare la sicurezza dentro il Continente in un vertice in teleconferenza. Dovrebbero adottare una dichiarazione congiunta non solo per mostrare solidarietà ad Austria e Francia per gli attentati delle scorse settimane, ma anche per definire una prima strategia europea antiterrorismo da adottare nei prossimi mesi. Oggi, 13 novembre, ricorre tra l’altro il quinto anniversario degli attacchi al Bataclan di Parigi e altre zone della capitale francese.
Gli Stati membri, a livello di rappresentanti permanenti, sono a lavoro da più di una settimana sulla bozza di dichiarazione congiunta. Francia e Austria, i Paesi direttamente colpiti dagli attentati, stanno spingendo per un approccio più radicale legando pericolosamente la questione del terrorismo all’islam e alla immigrazione in Europa.
Nella prima bozza di dichiarazione congiunta sul terrorismo trapelata, letta da Bloomberg, si menzionava la parola “Islam” 15 volte, incaricando la Commissione europea di trovare un modo per istruire gli imam in Europa. Il documento inoltre tracciava un collegamento diretto tra immigrazione e terrorismo. Questo perché nel caso di Nizza, il 29 ottobre, l’uomo che ha ucciso tre persone nella Cattedrale della città francese, di origine tunisina, era arrivato sull’isola di Lampedusa a settembre e si era liberamente spostato in Francia in treno. Nell’ultima versione del documento che i ministri dovrebbero approvare nelle prossime ore l’approccio è molto meno radicale, è sparito anche ogni riferimento all’islam.
Divisioni su come dovrebbe essere l’approccio dell’Ue alla questione religiosa rimangono. Ha fatto discutere nei giorni scorsi la proposta del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, in visita a Vienna per rendere omaggio alle vittime, di creare “il più presto possibile un Istituto europeo per formare imam in Europa”. Nell’idea di Michel si tratterebbe di una forma di protezione dall’ideologia dell’odio. Per il belga la proposta di creare uno o più istituti di istruzione e formazione degli imam rientra nella più ampia strategia di promozione “di un Islam che abbraccia inequivocabilmente i valori europei”, tra i quali menziona libertà di pensiero e l’uguaglianza di genere, sostenendo implicitamente che ne sia privo. Nella sua newsletter personale pubblicata proprio alla vigilia del Consiglio Interni si è poi affrettato a scrivere che “l’Islam fa parte della storia dell’Europa da secoli. E in molti paesi europei, i musulmani, sia praticanti che non praticanti, sono parte integrante delle nostre società. Forniscono un contributo vivo alla vita economica, sociale, politica, culturale ed educativa.
Ancora più netta la linea del cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, che ha annunciato nei giorni scorsi l’intenzione di istituire il reato di ”islam politico”, allo scopo di perseguire penalmente “coloro che non sono terroristi, ma che creano loro il terreno fertile”. Il suo governo, inoltre dovrebbe ampliare le possibilità di chiudere luoghi di culto e creare un registro degli imam.
Da quanto emerso finora l’approccio della maggior parte degli Stati è meno radicale. L’intervento dell’Ue dovrà essere diversificato, agire su più fronti: dalla prevenzione della radicalizzazione (attribuendo un ruolo fondamentale a Internet) al rafforzamento dello scambio di informazioni a livello di Stati membri e alla collaborazione tra le autorità. Come messo bene in chiaro durante il mini-vertice sul terrorismo del 10 novembre tra Austria, Francia, Paesi Bassi e vertici europei (a cui l’Italia non è stata invitata), rafforzare la sicurezza passerà anche per una riforma delle regole vigenti dentro lo spazio Schengen, l’area di libera circolazione. Macron ha chiesto una revisione profonda di Schengen, sostenuto anche dalla Commissione europea nel quadro del suo nuovo patto per l’immigrazione e l’asilo. Sembrano tutti d’accordo che la revisione riguarderà non tanto una modifica delle regole sulla libertà di movimento dentro l’area Schengen, quanto un maggior coordinamento sui controlli e più sicurezza sulle frontiere esterne.
Il 9 dicembre la Commissione presenterà la sua nuova agenda antiterrorismo, con l’obiettivo di identificare e colmare le lacune in materia di sicurezza: nella cooperazione tra forze dell’ordine, nell’uso della tecnologia e nella condivisione delle informazioni. “Prevenire la radicalizzazione, proteggere gli spazi pubblici e collaborare con gli Stati membri, le regioni, le città e le cittadine e anche con i principali partner di paesi terzi”, ha spiegato all’Eurocamera la commissaria agli Interni, Ylva Johansson. La Commissione europea mira a intervenire anche sul concetto di dualismo identitario per “guardare oltre la lotta al terrorismo”: “I terroristi cercano di dividerci, tra loro e noi. Possiamo solo contrastarlo offrendo una società inclusiva e coesa in cui tutti hanno un interesse. Dove non ci sono loro e noi”. La commissaria parla dunque della necessità di introdurre un piano d’azione sull’integrazione e l’inclusione, per evitare ulteriori divisioni che spingono alla radicalizzazione.
Il rischio di ottenere l’effetto contrario con un approccio all’islam troppo “stigmatizzante” è concreto. Dalle pagine del suo blog personale Josep Borrell invita gli altri leader europei a una riflessione: “Dobbiamo evitare di identificare questo terrorismo con l’Islam” è l’avvertimento dell’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza. Un invito alla prudenza, anche alle parole. “Dobbiamo identificare con precisione il tipo di terrorismo che stiamo affrontando. Di solito lo chiamiamo terrorismo islamista perché gli autori e i sostenitori affermano di compiere questi atti di terrore in nome dell’Islam”. Il terrorismo che deve combattere l’Unione è invece solo “l’estremismo di poche persone, che cercano false giustificazioni per la loro follia in una delle grandi religioni del mondo”.
Oggi i titolari dell’Interno parleranno per la seconda volta del patto per l’immigrazione e l’asilo presentato dalla Commissione europea il 23 settembre, su cui la presidenza tedesca è convinta che non si riesca a trovare un accordo già in questa riunione. “Abbiamo ora la grande opportunità di mostrare al mondo che l’Europa è su questo tema difficile”, ha detto il ministro dell’Interno, Horst Seehofer, che presiede il vertice. La presidenza di Berlino spera che il prossimo Consiglio Giustizia e affari interni del 3 e 4 dicembre – l’ultimo per la Germania alla guida del Consiglio – sarà cruciale per ulteriori progressi sul nuovo patto sulla migrazione e l’asilo.